L'aspetto più interessante di questo libro, per me, è la capacità di risvegliare una sete di fantascienza che credevo di aver perduto.
Se passerò le prossime settimane immerso nella lettura del terzo capitolo, nel rewatch di Blade Runner e nella tentazione di iniziare The Expanse, invece di studiare per l'esame di fine agosto, sarà esclusivamente colpa de “La materia del cosmo”.
In merito al romanzo, non nascondo di aver preferito (ampiamente) “Il problema dei tre corpi”, per ritmo, efficacia degli intrighi e respiro creativo del racconto.
Eppure è innegabile la coerenza, ancora prima del senso di soddisfazione, che questo libro raggiunge nel finale.
“La materia del cosmo” richiede pazienza, intanto perché introduce una quantità sterminata di personaggi che rende difficile tenere il filo. E poi perché l'intreccio è enigmatico, soprattutto all'inizio, nel tentativo di preparare il terreno per ciò succede negli ultimi capitoli.
Insomma, ribalta un po' gli aspetti che avevo apprezzato del primo capitolo, che ha un inizio travolgente e oscuro e un finale comunque interessante, ma meno particolare e entusiasmante.
Il cinismo che dilaga e domina buona parte del libro, raccontando di un'umanità rassegnata, disperata, ma anche arrogante e piena di sé, in lotta con se stessa ancora prima che con i Trisolariani e ricca di contraddizioni.
Tutto il finale, da quando la Goccia raggiunge la flotta umana a quando alcune navi fuggono e si distruggono tra loro, è semplicemente straziante.
Mi ha colpito anche la portata, narrativa e tematica, del racconto, che si regge su una riflessione con una certa cognizione di causa circa il contatto con altre civiltà.
Sarebbe stato facile appoggiarsi ai soliti tropi già esplorati dalla fantascienza, e annacquare con superficialità critica.
E invece l'approccio è serio e rigoroso, quasi scientifico da un punto di vista sociologico (per quanto possa capirne io di sociologia).
Insomma, è un buon libro.
Eredita i difetti di scrittura del primo romanzo e non è così divertente da leggere, almeno in senso stretto.
Ogni tanto si perde un po' nell'intenzione di inserire qua e là concetti ingegneristici o informatici senza la dovuta rielaborazione, ma fa parte del gioco.
E contestualizzato nella trilogia, promette una portata ancora più ampia per il gran finale.
L'aspetto più interessante di questo libro, per me, è la capacità di risvegliare una sete di fantascienza che credevo di aver perduto.
Se passerò le prossime settimane immerso nella lettura del terzo capitolo, nel rewatch di Blade Runner e nella tentazione di iniziare The Expanse, invece di studiare per l'esame di fine agosto, sarà esclusivamente colpa de “La materia del cosmo”.
In merito al romanzo, non nascondo di aver preferito (ampiamente) “Il problema dei tre corpi”, per ritmo, efficacia degli intrighi e respiro creativo del racconto.
Eppure è innegabile la coerenza, ancora prima del senso di soddisfazione, che questo libro raggiunge nel finale.
“La materia del cosmo” richiede pazienza, intanto perché introduce una quantità sterminata di personaggi che rende difficile tenere il filo. E poi perché l'intreccio è enigmatico, soprattutto all'inizio, nel tentativo di preparare il terreno per ciò succede negli ultimi capitoli.
Insomma, ribalta un po' gli aspetti che avevo apprezzato del primo capitolo, che ha un inizio travolgente e oscuro e un finale comunque interessante, ma meno particolare e entusiasmante.
Il cinismo che dilaga e domina buona parte del libro, raccontando di un'umanità rassegnata, disperata, ma anche arrogante e piena di sé, in lotta con se stessa ancora prima che con i Trisolariani e ricca di contraddizioni.
Tutto il finale, da quando la Goccia raggiunge la flotta umana a quando alcune navi fuggono e si distruggono tra loro, è semplicemente straziante.
Mi ha colpito anche la portata, narrativa e tematica, del racconto, che si regge su una riflessione con una certa cognizione di causa circa il contatto con altre civiltà.
Sarebbe stato facile appoggiarsi ai soliti tropi già esplorati dalla fantascienza, e annacquare con superficialità critica.
E invece l'approccio è serio e rigoroso, quasi scientifico da un punto di vista sociologico (per quanto possa capirne io di sociologia).
Insomma, è un buon libro.
Eredita i difetti di scrittura del primo romanzo e non è così divertente da leggere, almeno in senso stretto.
Ogni tanto si perde un po' nell'intenzione di inserire qua e là concetti ingegneristici o informatici senza la dovuta rielaborazione, ma fa parte del gioco.
E contestualizzato nella trilogia, promette una portata ancora più ampia per il gran finale.