Viaggio nella memoria è la guida al memoriale della Shoah che è un'area museale di Milano dedicata al ricordo delle vittime dell'Olocausto in Italia. È ubicata sotto la stazione Centrale, a piano strada, di fronte al palazzo delle ex Regie Poste, ed è stata ideata con lo scopo di «...realizzare un luogo di memoria e un luogo di dialogo e incontro tra religioni, etnie e culture diverse...» che si estende su una superficie di 7.060 m², per la maggior parte al piano terreno.
Dal cosiddetto “binario 21”, al quale in precedenza erano caricati e scaricati solo i treni postali, centinaia di ebrei, partigiani e deportati politici venivano caricati su vagoni bestiame diretti ai campi di Auschwitz–Birkenau, Mauthausen, Bergen-Belsen, Ravensbrück, Flossenbürg, Fossoli e Bolzano. Si conosce il numero dei convogli RSHA partiti dal Binario 21, che furono 20 (12 di soli ebrei, 5 di politici e 3 di misti). Il memoriale, promosso dalla Fondazione Memoriale della Shoah, presieduta da Ferruccio de Bortoli, è stato inaugurato il 27 gennaio 2013.
Il sito è stato riportato al suo aspetto originario, demolendo tutti gli elementi aggiunti nel dopoguerra e rendendo le superfici delle strutture portanti in cemento a vista, senza colorazioni o interventi di revisione estetica degli originari difetti di esecuzione e dei segni del tempo. La struttura si articola su due aree principali: “il Memoriale”, zona dedicata alla testimonianza degli eventi, e “il Laboratorio della Memoria”, sistema di spazi dedicati allo studio, alla ricerca e alla documentazione, all'incontro e al dialogo. Il percorso ha inizio con la “Sala delle testimonianze”, riempita dalle voci dei sopravvissuti, prosegue con lo spazio di manovra dei vagoni, chiamato “Binario della Destinazione ignota” e si conclude con il “Muro dei Nomi”, emblema del ricorso del dramma della Shoah.
Ho acquistato questo libro dopo la mia visita al memoriale di questo venerdì, in occasione della giornata della memoria, visita che ovviamente consiglio a tutti, così come questo libro che ripercorre parte delle vite delle persone che hanno transitato costretti dalla Stazione Centrale di Milano per essere mandati a morire nei campi di concentramento tedeschi, con l'indifferenza (come scritto a grandi lettere di pietra all'ingresso voluto dalla deportata e sopravvissuta Liliana Segre) di tutti i milanesi.
In questo caso mi sembra superfluo parlare dei contenuti del libro o meglio del catalogo, che riporta le varie cartellonistiche esplicative della mostra, il mio è più un invito ai milanesi e a chi magari passa dalla stazione centrale per spostarsi con il treno a fare una visita al memoriale, a provare a salire su uno dei vagoni presenti al binario 21, a farsi salire i brividi lungo il corpo, perchè non eista indifferenza, mai più.
Enciclopedia molto ben fatta, suddivisa in due volumi. Comperata a “peso”, in un centro commerciale che svendeva probabilmente gli eccessi dagli scaffali, quando si dice “il peso della cultura”.
Il primo volume riguarda la prima guerra mondiale e il secondo volume tratta della seconda. Tutti e due con ampio spazio a didascalie, immagini, testimonianze, cartine geografiche, impiego di mezzi e uomini, statistiche... insomma uno sguardo davvero ben fatto e a 360° sulle due guerre mondiali.
Pregevoli anche il formato e la carta usata che impreziosisce l'opera.
Ed è solo l'Inconscio che ha preso coscienza di se stesso attraverso i sogni che può sbloccare la barca e guidarla attraverso il recupero dell'innocenza... questa tra le tante è l'intepretazione finale al libro che più ho trovato appropriata tra le molteplici che sono state date a questo scritto surreale che vanta la traduzione di Italo Calvino, un lavoro impervio ma appassionante, come da lui stesso dichiarato, che è riuscito a trasporre non solo tutti i giochi di parole e i molteplici sottintesi presenti, ma a dargli quell'esatta malinconia, comicità e surrealismo voluto dall'autore.
Anche il titolo che compare solo un paio di volte all'interno del libro, ma che riesce a spiegare così propriamente ciò che racchiude ossia il romanticismo, l'idealismo e la purezza perduta è una chicca da gustare a lettura finita.
Un piccolo grande capolavoro, che si legge in poco tempo ma che consente al lettore attento di rileggere intere frasi o capoversi per entrare meglio nei mille significati ed interpretazioni che si possono dare alle vicende narrate. Bellissimi tutti i personaggi a partire dai due cavalli parlanti, per finire con lo stesso Duca d'Auge. Qualsiasi interpretazione gli si voglia dare, rimangono indubbiamente dei capolavori di scrittura sperimentale.
Per citare solo un paio, ma ce ne sarebbero tantissime, due passaggi geniali di scrittura: quelli dei giocatori del Totip (gioco che consiste nel puntare sulle corse dei cavalli, una variante del Totocalcio, ndr), che il Duca vede come moderni alchimisti, per il fatto di cercare di trasformare i cavalli in oro; oppure quella della figura del Passante, che si sente interpellato e in dovere di rispondere ad ogni qualsiasi discussione fatta fra sè e sè dal protagonista.
Insomma un libro che contiene molti spazi di lettura e molte interpretazioni, ma che diverte, stupisce e conquista ad ogni pagina.
Consigliatissimo.
Un libro sui dei vicini malevoli e insidiosi, un misterioso suicidio (che probabilmente è un omicidio), un sacco di caldo fuori e dunque quale migliore lettura per vendicarsi con la fantasia di tutti quei scocciatori del piano di sopra con i tacchi o di quelli di sotto che esultano la domenica davanti alla tv come ultras in curva e vogliamo parlare di quelli a fianco che si mettono a fare festa alle tre di notte? Sì, dai che mi metto a insultare pesantemente e a imprecare in una sorta di vendetta silenziosa.
Subentrato nell'appartamento di un'inquilina apparentemente suicida, Trelkovsky, scapolo tranquillo e ingenuamente anticonformista, si trova piano piano coinvolto in una misteriosa macchinazione ordita dai vicini. Il protagonista accetta di inchinarsi a regole rigidissime nella vita nel suo appartamento che lo porteranno ad una alienazione e ad una solitudine imposta e nevrotica fino ad una ribellione finale.
All'inizio c'è una palpabile tensione psicologia e la storia comincia a scorrere veloce, complici forse anche alcuni inserti a sfondo sessuale; poi verso metà libro e soprattutto nel finale tutto diventa incomprensibile, grottesco, quasi clownistico nel suo dipanarsi in un finale che è piacevole ma è del tutto rovinato dalle pagine precedenti. Da questo romanzo il registra Roman Polanski ha tratto un film e più ci penso più mi sembra una storia proprio adatta a lui.
Non penso guarderò il film in quanto il libro sta già svanendo dalla mia mente e non credo ne rimarrà traccia a lungo.
Il dolore è una cosa con le piume, titolo originale “Grief is the Thing with Feathers”, è un romanzo del 2015 di narrativa dell'autore esordiente Max Porter, che è stato nominato dal Guardian First Book Award, dal Dylan Thomas Prize, dal Sunday Times/Peters Fraser e altri. il racconto è un po' fiaba, romanzo, poesia e tratta una struggente storia sul dolore, analizzando la perdita di una persona cara e come la forza dell'immaginazione e delle parole aiutano a vivere.
La trama è quella di un uomo, studioso di Ted Hughes, che è rimasto solo con i due figli, nella loro casa di Londra, dopo la morte della moglie. I tre devono fare i conti con un dolore ingombrante come una presenza. Fino alla visita inaspettata di uno strano personaggio che ha le piume e l'aspetto di un corvo. Sostanzialmente è una favola sull'elaborazione del lutto: la loro disperazione prende corpo in un grande corvo che vivrà a casa loro per il tempo necessario fino a che la loro disperazione lacerante e immobilizzante si trasformi in dolore sopportabile.
Tutta la narrazione è in prosa poetica ripartita per punti di vista: quelli del padre, dei bambini e del corvo; più che bello il libro mi sembra furbo, perchè va a toccare i nostri lutti famigliari, solleticando le nostre corde del dolore e in più riesce in poche pagine anche a ritagliare squarci sul futuro di questo nucleo, parlando anche a noi di un futuro possibile senza le persone da noi amate e scomparse.
Sinceramente ho letto di meglio, ma devo anche dire che la lettura non mi ha portato via molto tempo; l'idea del corvo, che è la parte “favoleggiante” e focale del racconto è brillante ma secondo me sviluppata in maniera pessima e la scrittura più che aiutare a entrare i sintonia con i personaggi, mi ha allontanato. Le uniche parti interessanti, coinvolgenti e ben scritte del libro sono quelle dei bambini. Secondo me l'autore qui ha centrato in maniera eccellente i sentimenti e l'elaborazione del lutto dal punto di vista infantile.
In ogni caso, una lettura superflua.
Avevo sentito parlare di questo libro in un podcast che seguo e viste anche le recensioni positive qui su Goodreads mi sono messo a leggerlo in quanto me lo avevano presentato come un libro “folgorante”, “scritto nel 1960, ma con un linguaggio attuale” e ancora “quasi disturbante nella sua violenza”, oppure “che tratta di temi attuali e per capire il fondamentalismo religioso”.
1. La folgorazione volevo proprio che mi scendesse tra le mani: un bel fulmine e la sparizione di quello che avevo sotto gli occhi. ZZZAAP!!!
2. Il linguaggio è attuale come il pitale che i miei nonni tenevano sotto il letto quando il cesso stava fuori casa.
3. Ero sì disturbato dalla violenza: dalla mia stesa violenza che voleva gettare questo libro dalla finestra (e giuro che mi capita davvero raramente).
4. Fondamentalmente e religiosamente ho capito che questo libro mi ha fatto cagare.
E con questo ho scritto tutto ciò che dovevo dire su questo libro.
“Ultime lettere di Stalingrado” è una raccolta di 39 lettere scritte dai soldati tedeschi nell'ultimo periodo della battaglia di Stalingrado nel dicembre 1942, partite con l'ultimo volo dalla sacca dove combattevano gli ultimi uomini della sesta armata tedesca prima di venire completamente accerchiati dalle forze russe in avanzata. Gli scritti non giungeranno mai a destinazione perché censurate dai comandi tedeschi con l'intento di conoscere lo stato d'animo della fortezza di Stalingrado; la raccolta di tali scritti doveva offrire materiale al fine di una pubblicazione sulla battaglia ma l'ufficio della propaganda, ne vietò la divulgazione in quanto “insopportabile per il popolo tedesco” e ne ordinò la distruzione.
La battaglia di Stalingrado con oltre 1 milione di perdite totali tra morti, dispersi e prigionieri definisce i duri combattimenti svoltisi durante la seconda guerra mondiale che, tra l'estate del 1942 ed il 2 febbraio 1943, opposero i soldati dell'Armata Rossa alle forze tedesche, italiane, rumene ed ungheresi per il controllo della regione strategica tra il Don e il Volga e dell'importante centro politico ed economico di Stalingrado (oggi Volgograd), sul fronte orientale.
I viveri ed i rifornimenti sono sempre più scarsi, i feriti non possono essere più curati ne evacuati, cominciano i primi tentativi di diserzione ed i primi casi di suicidio. In quello che i soldati tedeschi chiamano “il calderone” c'è chi riesce ancora a scrivere a casa cercando un conforto od anche semplicemente un addio ai propri cari in Germania. Il libro contiene 39 lettere, o frammenti di lettere, che i soldati scrissero nei momenti di pausa della battaglia. Sono scritti in cui tra le righe si riesce a leggere non solo la diversità degli uomini ma anche del loro stato d'animo e del loro carattere: si va dal figlio dell'ufficiale di stato maggiore che non capisce più il perché dell'azione militare al giovane padre di un bambino appena nato con la paura di non vederlo mai; dal figlio di un Pastore protestante che non trova Dio nell'orrore che lo circonda al soldato che ha perso la speranza e che aspetta la morte con consapevole rassegnazione.
Non tutte le lettere sono complete o leggibili (alcune sono state ritrovate danneggiate) ma forniscono in ogni caso una forte ed autentica testimonianza di uno degli avvenimenti più tragici della storia moderna.
Fa un certo effetto leggere a distanza di più di sessant'anni parole scritte da giovani uomini destinati consapevolmente alla morte che non fa differenze in base a colori delle divise, ideologie giuste o sbagliate, buoni o cattivi; lei falcia indistintamente e non sorprende più di tanto come i pensieri e le parole di quei votati al disastro siano verso i sentimenti più semplici come l'amore per una donna, per una mamma, per un gatto, di come ci si preoccupi di lasciare tutto in ordine e a posto e si pensi alle piccolezze della vita di tutti i giorni di fronte alla fine eterna.
Un altro commovente e prezioso tassello che si aggiunge alla mia parte di libreria dedicata agli orrori e alla stupidità della guerra, che per qualsiasi cosa si combatta è comunque una sconfitta già in partenza.
La notte della volpe, in originale “Night of the Fox”, è un libro di Jack Higgins , pubblicato la prima volta nel 1986. Da questo romanzo è stato girato un film per la televisione nel 1990, interpretato da George Peppard come Martineau e Michael York come Rommel. E' il primo libro della serie con protagonisti “Dougal Munro & Jack Carter”.
La trama del romanzo è presto scritta: la vicenda narrata si svolge negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale. Hugh Kelso è un ufficiale americano che conosce importanti informazioni su l'invasione in corso in Francia, quando la sua barca affonda nel canale della Manica. La sua zattera di salvataggio approda sulla riva dell'isola di Jersey, che è attualmente sotto l'occupazione tedesca. Hugh ha la fortuna di essere salvato da Helen de Ville, un residente di Jersey che lo nasconde nella sua casa e riceve un messaggio agli alleati. Viene inviata una squadra di soccorso, perchè è imperativo che Hugh Kelso deve essere tenuto fuori dalle mani tedesche per via delle informazioni che sono in suo possesso circa l'invasione. Gli inglesi inviano Harry Martineau, che è perfettamente in grado di imitare un ufficiale tedesco e ha nervi d'acciaio, e la giovane Sarah Drayton, un infermiera che può passare per la sua ragazza francese che può passare per la nipote di Helen de Ville. Con i loro documenti falsi, volano in Francia per incontrarsi con la resistenza e da lì poi andare a Jersey per svolgere la loro missione.
La seconda guerra mondiale e i nazisti sono i cavalli di battaglia di quest'autore e sono quelli che lo hanno reso famoso. L'autore è bravo a rendere l'dea delle atmosfere dell'occupazione tedesca: il mercato nero, il baratto, il pericolo, e lo stile di vita della maggior parte delle persone e poi la trama è davvero interessante: si parla dello sbarco in Normandia e di una missione quasi impossibile.
Higgins però alterna strani momenti di scrittura ottima e altri dove sembra perdersi in strani meandri, dialoghi tirati e vicoli ciechi. Punti di adrenalina pura e altri dove tutto si ferma a macerare, come se fossero due persone diverse ad alternarsi alla scrittura. Lo consiglio agli appassionati di storie ambientate durante la seconda guerra mondiale.
L'alleato, in originale “Bluffing Mr. Churchill”, è un romanzo edito nel 2004 di spionaggio di John Lawton che è un autore di romanzi storici e di spionaggio ambientati principalmente in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale e la guerra fredda. Il personaggio principale di questo filone è Frederick Troy: il più giovane figlio di un padre immigrato russo che è diventato un editore molto ricco di giornali e in seguito baronetto. Sfidando le aspettative di classe e della famiglia, l'indipendente Troy si arruola a Scotland Yard, diventando un investigatore della squadra omicidi. Questo è il quarto libro della serie. Ma è in realtà un prequel di tutta la saga.
I diritti di questo personaggio sono stati acquistati da Columbia Pictures. Ma per ora non sono stati fatti film in merito.
La trama di questo romanzo è presto scritta: siamo nella primavera del 1941, la Gran Bretagna si trova sola contro la macchina nazista. Anche se il suo paese rimane neutrale, Calvin Comrack del dipartimento di Stato americano è a Londra in cerca della spia Wolfgang Stahl, che fino a poco tempo fa era il braccio destro di Heydrich, capo delle SS di Hitler. Quando Stahl viene scoperto come un agente nemico, inscena la sua morte e fugge nella speranza di nascondersi nella metropolitana di Londra. Comrack ha bisogno di catturare Stahl perchè ha portato con sé dalla Germania quello che sembra essere il piano di invasione di Hitler per porre fine al patto di non aggressione con i sovietici. Comrack apprende che il poliziotto Walter Stilton ha avuto contatti con Stahl ed è scomparso. In breve nessuno crede alla sua scomparsa, nè gli inglesi, i cui servizi segreti ritengono che si stia dirigendo proprio a Londra, né i tedeschi che, nonostante non abbiano prove, da sempre nutrono sospetti sulla sua attività. Anche gli americani, ai quali da anni passava informazioni, non si sentono al sicuro. Frederick Troy si troverà al centro di tutto.
Il romanzo d'esordio di John Lawton è splendido, peccato che i diritti in Italia di quest'autore siano stati comperati da questa piccola casa editrice che ne ha pubblicati solo due sui sette scritti dall'autore. Questo thriller ambientato in tempo di guerra annovera quest'esordiente tra i più grandi scrittori di crime della nostra epoca. Questo primo romanzo dell'ispettore Troy, cattura e dipinge perfettamente le realtà del tempo di guerra a Londra, inserendole in un dramma avvincente che incapsula l'incertezza dell'Europa all'alba del dopoguerra.
La storia prende davvero e la tensione comincia a montare dopo le prime fasi di riscaldamento del libro e si finisce per godere la storia. E ci sono alcuni grandi colpi di scena verso la fine. La caratterizzazione dei personaggi è ottima, di tutti i personaggi e questo è raro. Si incontreranno inglesi, tedeschi, americani e russi e tutti si muovono in un contesto storico che è notevolmente descritto. Il libro di Lawton poi è infarcito di riferimenti letterari, musica e film.
Appassionati di thriller, romanzi di spionaggio e letteratura inglese, questo romanzo è per voi. Si legge facilmente e asi fa divorare, ripeto è davvero un peccato che non sono stati più tradotti altri libri qui in Italia di questo bravo autore.
L'uomo di Marte, in originale “The Martian” è un romanzo di fantascienza, inizialmente autopubblicato come ebook nel 2011 e quindi in edizione cartacea nel 2014. E' il primo romanzo dell'autore statunitense Andy Weir; Sempre nel 2014 è stato tradotto in italiano, dal romanzo nel 2015 è stato tratto il film “Sopravvissuto - The Martian” diretto da Ridley Scott con Matt Damon nel ruolo del protagonista, che ha avuto un successo spaventoso.
La trama è abbastanza articolata e complessa: appena sei giorni dopo l'inizio della missione su Marte, Ares3, i sei astronauti membri dell'equipaggio vengono travolti da una tempesta di sabbia con venti che sfiorano i 150 Km/h, troppi per il veicolo “MAV” che ha lo scopo di riportarli in orbita a fine missione dove li aspetta la navicella “Hermes” che li deve riportare a casa. Il comandante della spedizione e la NASA decidono di abortire la missione e si preparano a lasciare il pianeta rosso. Durante l'evacuazione, un membro dell'equipaggio, Mark Watney, ingegnere e botanico, rimane seriamente ferito e disperso sul suolo marziano, dopo un periodo breve di concitate ricerche il comandante, credendolo morto, da l'ordine di partire e la missione abbandona il pianeta; Mark si risveglierà a tempesta finita, ferito e nel mezzo dell'ambiente ostile di Marte: inizia in tal modo il singolare naufragio dell'astronauta in un ambiente alieno, dove dovrà affrontare le difficoltà dell'ambiente ostile marziano che ripetutamente minaccia di ucciderlo. Saranno la sua caparbietà e la sua competenza (oltre allo sua incredibile ottimismo) a tenerlo in vita e ad avvicinarlo sempre di più alla salvezza... ma tutto questo basterà a farlo tornare a casa?
Ho scritto che la trama è complessa non tanto per la storia in sé, infatti se portiamo tutto al minimo comun demitatore non c'è niente di nuovo dal Robinson Crusoe e di altri libri simili, ad eccezione del contesto (qui fantascientifico): un uomo solo, “naufragato” in condizioni estremamente avverse in luogo completamente ostile, farà di tutto per tornare a casa; la complessità sta nelle trovate e in quello che escogiterà Mark di volta in volta per sopravvivere: il romanzo è infarcito di formule ed enunciati di chimica, fisica e meccanica e viene per esempio spiegato come ottenere l'acqua dall'anidride carbonica, come si separa l'idrogeno dall'aria, come ottenere esplosioni controllate, come i batteri sopravvivono in condizioni estreme, etc...
Il libro è scritto in prima persona per molte parti della storia, infatti noi leggiamo il diario di missione che scrive Mark, anche se poi veniamo intervallati con la descrizione di quello che succede sulla Terra, con la NASA che cercherà in tutti i modi di salvarlo e con tutto il mondo che starà con il fiato sospeso a seguire il più grande salvataggio della storia spaziale.
Malgrado la sua complessità e sebbene molto realistico nella sua finzione, la lettura è facile, coinvolgente, avvincente, molto divertente e fila via spedita come un satellite in orbita. Una delle sensazioni migliori che si ha nel leggere questo libro è che ti sembra impossibile che a tutt'oggi l'uomo non sai ancora atterrato su Marte, il tutto diventa così reale che alzi gli occhi dalle pagine e pensi che tutto è avvenuto davvero e si sta leggendo il resoconto dei fatti. Beh, quando succede questo, sei a cavallo del tuo rover marziano e hasta la vista, baby!
Ne consiglio la lettura a tutti, per la sua impeccabile capacità di catalizzare l'attenzione del lettore fino all'ultima pagina, non si riesce a staccarsi dal romanzo e si fa il tifo per il naufrago spaziale per tutta la storia, rapiti dai dialoghi dell'eclettico Mark, dalle sue disavventure, dalla sua quotidianità. Ne godranno tutti, da chi è appassionato di scienza, chi di fantascienza e chi di semplice avventure che fanno sognare.
Da leggere guardando le stelle.
Libretto da cento pagine che leggi velocemente in un paio d'ore se proprio ci tieni a fare una lettura attenta del racconto.
In ogni caso, personalmente, ci ho messo cinque minuti per dimenticarmene e passare ad altro. Probabilmente non l'ho capito ma non mi ha neanche invogliato a mettermi d'impegno per una lettura più attenta; ad essere sincero ho trovato più ad “effetto” la transposizione cinematografica [Eyes Wide Shut] di Kubrick.
Trovo sinceramente un po' pretenzioso che da un sogno erotico e da una discussione possa nascere un vortice di eventi che porti alla crisi di un rapporto. Ma tutto ci sta. Credo sia implicito negli animi umani e nei rapporti di coppia, un'evasione onirica senza che questo possa turbare la convivenza reciproca.
Superfluo.
Ennesimo libro che leggo sui gatti, questo consigliatomi dalla mia veterinaria, ed ennesima ripetizione in ridondanza degli stessi concetti e consigli comuni a tutti questi libri.
La mia idea dopo averne letti quattro è la seguente: limitatevi a comperarne uno, tipo Cats for Dummies, il migliore secondo me e poi imparate ad ossevare il vostro micio, interagite con lui e solo l'esperienza diretta della vostra vita vissuta insieme a lui potrà farvi da maestro per tutte le gioie e i problemi che affronterete insieme.
Esistono anche, incredibile a dirsi, luoghi dove i libri non possono arrivare.
La storia dell'affondamento del Titanic mi ha sempre affascinato, senza sapere davvero il perchè. So solo che ogni volta che trovo qualche articolo, documentario o libro che ne racconta la storia, lo devo assorbire in maniera compulsiva. L'idea romantica è quella di discendere da qualche passeggero o magari esserci salito in una vita precedente, qualche cosa così insomma... molto più probabilmente invece è solo il pensiero che una nave considerata inaffondabile sia invece miseramente affondata e questo mi porta sempre più a pensare che di certezze non ce ne sono mai. Questo pensiero mi spaventa e mi rallegra al tempo stesso.
Il libro è un reportage dell'epoca che fa la cronistoria delle fasi dell'affondamento, con anche delle foto e le interviste ai sopravvissuti, di per sé non fa che raccontare esattamente tutte le fasi dell'inabissamento, dallo scontro con l'iceberg fino ai soccorsi ai sopravvissuti: non c'è nulla di romantico, di avventuroso o che altro, ci sono solo numeri e storie di passeggeri e gli eventi che si sono cercati di ricostruire di quella notte.
Lo consiglio agli appassionati di questa vicenda, come lo sono io.
Le otto montagne di Paolo Cognetti, scrittore italiano classe 1978, autore di raccolte di racconti per Minimum fax tra l'altro di “Sofia si veste sempre di nero”, “Manuale per ragazze di successo”, “Una cosa piccola che sta per esplodere”, e anche di alcuni saggi sulla montagna con “Il ragazzo selvatico” e un paio su New York come “New York è una finestra senza tende”. L'8 novembre del 2016 è uscito per Einaudi il suo primo romanzo in senso stretto: Le otto montagne, appunto, venduto in 30 paesi ancor prima della pubblicazione e con il quale si è aggiudicato il Premio Strega 2017.
La trama del romanzo: È la storia di Pietro, nato in città, silenzioso, figlio di un uomo e una donna appassionati alla montagna. Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. Un piccolo paese, Grana, sotto il Monte Rosa diventa il luogo dove passeranno le loro estati, dove Pietro conoscerà Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, “la cosa più simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui”. La storia diventa doppia, vedremo crescere i due amici con vite diverse, quasi diametralmente, con scelte che solcheranno come sentieri montani le loro vite, vedremo invecchiare i genitori di Pietro e l'entrata in scena di nuovi personaggi, fino a scoprire l'eredità che la montagna lascerà a tutti loro.
Quando esce un libro con una copertina o un rimando nel titolo (a parte quelli nello scaffale sport) che ha a che fare con la parola “montagna”, io non resisto, finisce immancabilmente nel carrello anche se fosse la storia di un sasso che non si è mai mosso da una cengia per millenni. E' una mia deformazione passionale, per me le montagne sono un richiamo troppo forte, ho una parte del cervello che probabilmente è a forma di una catena montuosa e tutto ciò che attiene ad esse sono per me un'attrattiva troppo forte; ma questo libro rimane sui miei scaffali per parecchio tempo... prima perchè un amico me ne parlò e lo liquidò in maniera spiaccia dicendomi che non gli era piaciuto molto e questo m'influenzò, poi perchè quando vinse il premio Strega me lo fece diventare antipatico nell'attimo stesso in cui lessi la notizia. Non per una sorta di snobismo letterale, ma perchè so come vengono assegnati questi premi e dunque di default li setto come “pura operazione commerciale”. Senonché quelle montagne con la baita sotto, con le nuvole basse a circondarla e sotto un cielo stellato erano un richiamo troppo alto per la mia sezione del cervello adibita ai monti e guarda la copertina oggi e guardala domani...
Appena ho cominciato a leggerlo ho capito che mi avrebbe catturato e che non mi avrebbe lasciato per molto tempo: la montagna, nella sua forma più reale e anche in quella più astratta che ci sia (intesa come calderone di emozioni ed esperienze), è custode e a sua volta protagonista di questa storia, che tratta di formazione, affetti familiari e di amicizia. E' da un po' che non mi capitava di leggerne di così belli, intimi, lirici e selvaggi, sebbene il romanzo sia breve.
Ho adorato da subito la descrizione della vita scandita dal duro lavoro e dai ritmi dettati dalla natura in montagna, dai due personaggi così diversi seppure affini, dalla loro amicizia che si rinnova ad ogni estate quando Pietro lascia la città per fare ritorno insieme alla famiglia tra quelle montagne e, ogni volta, Bruno è lì ad aspettarlo, come se non fosse passato che un giorno. Perché le parole non contano, come non conta la distanza che li separa.
Quello che prende vita dal libro è il racconto della vita: le avventure, i giochi, le incomprensioni, le prime difficoltà e i sensi di colpa; i due bambini che diventano ragazzi e il diventare adulti, sbagliando, cadendo, riprovando e le loro famiglie, diverse ma entrambe imperfette, ma soprattutto si racconta di padri, fragili o brutali e delle donne che gli stanno accanto.
Ma sopra tutto, lei, la montagna, protagonista assoluta. Un atto d'amore verso di lei come la intende Cognetti, lontana dal consumismo di massa dello sci invernale o dei paesini ricostruiti e finti che richiamano i turisti per pochi mesi l'anno. Una montagna vera, rude, spietata e selvaggia, indifferente alle vite degli uomini.
Questo è anche un libro sulla solitudine che è comune a chi in montagna ci va, ancor più a chi ci vive, fatta di silenzi, della difficoltà ad aprirsi verso gli altri, di sacrificio, ma anche di gioia quando si riesce a raggiungere una vetta intesa anche come obbiettivo di vita. La forma e le parole di questo romanzo sono essenziali, dirette, eppure evocative ed intense in cui senza dubbio si avverte l'eco di una persona che in montagna ci ha vissuto e ci vive.
Considero quasi essenziale questa lettura a chi ama la montagna, perché saprà ritrovarsi in molte parole e gesti comuni a tutti quelli che si perdono in pratoni, pietraie e ghiacciai, ma al contempo, essendo un bellissimo romanzo di formazione, lo consiglio a tutti per la potenza evocativa dei legami famigliari che porta con sé.
«Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa.»
Favola natalizia per eccellenza, che si legge in un pomeriggio, possibilmente durante le feste, sotto un vischio verde, davanti ad un caminetto acceso, con la neve che scende fuori dalla finestra.
Un quadretto natalizio che deve fare obbligatoriamente da cornice a questa storia, dove si racconta di un avaro che ha dimenticato il significato del Natale e sarà un trittico di spiriti (passato, presente e futuro) che lo farà ritornare sulla strada della bontà, della misericordia, della benevolenza, proprio nella giornata dove ognuno di noi si sente più altruista e buono nei confronti del prossimo.
Favola da cui peraltro sono stati tratti innumerevoli film, dai più fedeli, ai più lontani, ma che festeggiano tutti lo spirito del Natale, festa che Dickens ha esportato dalla Londra in piena rivoluzione industriale dell'ottocento fino al mondo moderno che noi conosciamo.
Racconto senza età, da cui scaturisce una scrittura che non invecchia mai, perchè narra una storia straordinaria ma semplice, che accomuna tutti gli uomini in uno spirito profondo di altruismo e fratellanza.
Il personaggio di Scrooge è ormai entrato in pianta stabile a far parte dell'immaginario collettivo anche per la sua massima diffusione dovuta a quel Paperon de Paperoni, che Walt Disney ha tratto liberamente da questo personaggio.
Immancabile lettura, vicino all'albero di Natale.
Se immaginiamo il petto di un ipotetico lettore, pieno di medaglie per ogni libro letto, il lettore che ha letto Guerra e Pace, dovrebbe avere la massima onorificenza al merito. La sua “patacca” dovrebbe occupare almeno 1/4 di petto. Lo dico mentre mi congratulo con me stesso per aver avuto il coraggio di affrontare una simile lettura e per averla anche portata a termine, impresa ardua aggiungerei, leggendo anche prefazione, postfazione e biografia approfondita dell'autore.
Perchè dico questo? Perchè a mio ricordo non ho mai letto un libro così complesso come Guerra e Pace, complesso e di difficile “digestione”, se mi si permette un accostamento culinario a volte mi sembrava di aver mangiato una teglia di melanzane alla parmigiana e poi essermi andato a fare un bagno in acqua fredda: sul momento ti sembra di stare bene e refrigerato, ma poi lo stomaco ti presenta il conto.
Non per nulla, per due notti, dopo essermi sparato quasi cinquecento pagine in un giorno ho avuto gli incubi.
Sarebbe oltremodo indecoroso cercare da umile lettore quale sono, fare una recensione ad un libro come questo. Non ho le basi, ne la coltura, per permettermi di scrivere null'altro che le mie sensazioni.
A tratti brioso, a tratti pesante come un macigno, con Tolstoy in cattedra a somministrare pensieri e filosofie di un tempo che non c'è più.
Le parti dove leggiamo delle vicende di queste due famiglie russe con le loro vicissitudini, felicità e tragedie con la guerra in sottofondo sono quello che di bello c'è nel libro, tutto il resto è di una noia sconvolgente e mi permetto di dirlo da appassionato di storia quale sono. Non si possono veramente leggere, così come le credenze, gli stili di vita, la base di quello che era la vita nella Russia del 1800: un'overdose di monotonia, tedio, grigiore, insofferenza e fastidio; ovviamente giudicati con gli occhi di un lettore del 2011.
Fosse stato tutto concentrato in due libri forse poteva anche andare, ma duemila pagine di questo sono davvero un piatto pesante.
Tutto questo lo dico ovviamente senza sminuire quello che è un classico della letteratura mondiale e che ogni lettore che si degni di questo aggettivo, dovrebbe tenere quel quarto di petto libero per appuntarsi la medaglia di Guerra e Pace, perchè dopo tutte queste mie parole non potrei comunque astenermi dal consigliarlo per la lettura; sono i libri che fanno parte della coscienza mondiale della letteratura.
Probabilmente avrei apprezzato di più tale opera se fossi stato un lettore più attento, più preparato, più colto, ma in ogni caso non rinnego la lettura di queste pagine che faranno parte per sempre del mio bagaglio personale.
Una lettura difficile, impegnativa, a tratti davvero dura, ma in qualche maniera appagante e scintillante come la mia ipotetica medaglia al valore.
“Fin che si è piccoli, non ci sono attenzioni che bastino; quando poi si è diventati grandi, si è faticato e si è stanchi, non c'è un cane che ci guardi.”
Il segreto del Bosco Vecchio, pubblicato nel 1935 a Milano, è il secondo breve romanzo scritto da Dino Buzzati. Dal romanzo è stato tratto l'omonimo film diretto, nel 1993, da Ermanno Olmi, con protagonista Paolo Villaggio. Le riprese per il Bosco Vecchio furono girate nella Foresta di Somadida, e la casa del cavalier Morro, e poi di Sebastiano Procolo fu fatta costruire apposta in mezzo al bosco sopra il Passo delle Tre Croci, e poi fu smantellata. Il romanzo di Buzzati è una storia semplice e fantastica, una sorta di inno all'infanzia, ricolma di metamorfosi, sortilegi, magiche coincidenze e metafora del rapporto paradossale che l'umanità adulta ha con la Natura.
Buzzati per me è diventato una garanzia di qualità assoluta e questo libro è meraviglioso. Siamo nel mezzo di una fiaba e di un racconto popolare, un romanzo di formazione e di miti nordici, con la visione di una natura ancestrale incantata e meravigliosa.
La trama del romanzo ha come protagonista il colonnello Sebastiano Procolo, che eredita dallo zio parte delle tenute della Valle di Fondo, il cosiddetto “Bosco Vecchio”, mentre il resto è stato lasciato al nipote dodicenne di Sebastiano, Benvenuto, che vive in un collegio non lontano da Fondo. Ben presto l'avidità del colonnello lo spingerà a desiderare l'intero bosco per poterne sfruttare appieno le risorse abbattendone gli alberi. I genii, custodi secolari degli alberi si opporranno alle sue intenzioni.
Buzzati in questo romanzo ha dato voce al bosco, agli animali e al vento con incredibile maestria. I veri personaggi del libro secondo me sono i genii, il vento Matteo (su tutti il migliore), la gazza guardiana, il bosco stesso: universo vivo e palpitante e non sfondo su cui si muovono i personaggi. Ne esce una storia che è come una fiaba che racconta della paura di mostrarsi davvero per ciò che si è e di quel magico periodo dell'infanzia che precede la caduta delle illusioni e dell'innocenza col passaggio ad un'altra età.
“Poveretti anche loro, non ne avevano colpa. Avevano finito di essere bambini, non se l'immaginavano neppure. Il tempo era passato anche sopra di loro e non se n'erano affatto accorti. A quell'età si guarda avanti, non si pensa a quello che è stato. Ridevano spensieratamente come se nulla fosse successo, come se tutto un mondo non si fosse chiuso dietro a loro.”
Ritroviamo in questo breve romanzo le tematiche ricorrenti nella produzione di Buzzati: l'angosciosa ricerca di un senso della vita, l'irrazionale ossequio a una regola inconoscibile e tirannica, luoghi metafisici, immagini simbolo della solitudine e della impossibilità di sfuggire al proprio destino, l'inesorabilità dello scorrere del tempo; ma anche altre tematiche più particolari: la sacralità della natura, il passaggio dall'infanzia alla maturità, dalla fantasia alla razionalità, la caduta e la redenzione.
Dino Buzzati è bravissimo, il romanzo, in cui il tempo sembra essere fisso, scorre velocemente in modo semplice, diretto, fantasioso ed è ricco di considerazioni di fondo sull'esistenza umana. Esce prepotentemente dalle sue parole una sorta di malinconia dell'infanzia, il periodo più fantastico e pieno di magia che un bambino può vivere nella sua intera vita.
La storia del Bosco Vecchio, con tutta la sua magia d'altri tempi, con tutta la sua dolcezza filtrata da una scrittura così semplice e sentita è di quelle che rimangono nel profondo del cuore e lo scaldano nei momenti più bui e freddi, con un finale meraviglioso.
Da leggere ai propri figli. Da regalare ad un amico.
Per recensire questo “saggio scientifico”, cito direttamente l'autore in un passaggio del libro:
“Chiaro?”
“No. Moltissimo rimane da capire.”
Queste due frasi dovrebbero essere la quarta di copertina, sintesi perfetta di queste “lezioni” di fisica.
Un minuto di silenzio per i poveri studenti che devono seguire lezioni simili, e per i lettori che attirati dal tamtam mediatico si ritrovano a spendere i loro soldini (ben 10 euro per le scarse 88 pagine) con entusiasmo per acquistare questo libretto.
Non capisco l'entusiasmo mostrato dalle classifiche italiane, da chi me lo ha consigliato, dal domenicale del Sole24Ore che ha pubblicato in parte queste lezioni. Il libro presenta alcuni argomenti fondamentali di fisica a livello divulgativo ma è poco chiaro e non si capisce effettivamente quale sia l'obiettivo che si voleva raggiungere. Oltretutto presenta varie inesattezze, e dove non ci sono quelle gli altri argomenti potevano essere descritti in modo più preciso e comprensibile, così come si poteva fare a meno di riportare l'equazioni, senza spiegazioni sui simboli usati; giusto così, perchè ci stava bene in un libro che parla di fisica.
In aggiunta, se questo voleva essere un esperimento volto ad incentivare la curiosità delle persone verso argomenti complessi come la fisica quantistica, si è sbagliato due volte perchè di accattivante non ha proprio niente, se non il personale amore dell'autore verso questa materia scientifica, che non si può negare traspare da tutto il testo.
Complessivamente, un testo divulgativo di cui si può fare a meno. Se volete leggere di fisica, anche in maniera divulgativa, ci sono testi molto ma molto più validi di questo.
Un bel libro per passsare qualche momento di distrazione, niente di impegnativo intendiamoci... ma molto scorrevole che ti fa passare velocemente la lettura, niente di troppo profondo e non aspettatevi dei personaggi costruiti in chissà quale maniera, siamo lontani da Cussler, ma tutto sommato un buon compromesso tra il Cussler prima maniera e un Reilly ma meno frenetico... ora passerò al successivo “Artico”.
Ottimo libretto per una facile consultazione della storia della cavalleria nel periodo storico del Medioevo. Niente di approfondito, ma un'informazione sommaria e curiosa degli Ordini cavallereschi.
Per chi non lo conosce Altieri è forse uno dei più bravi autori italiani di Action/Thriller insieme a Stefano Di Marino (stephen Gunn), prima sceneggiatore di serie in America e poi scrittore permea i suoi libri di azione e velocità supersonica. I suoi personaggi sono delineati come eroi/antieroi, duri, durissimi, di acciaio puro. Le sue ambientazioni sono al limite dell'apocalittico, come in questo libro dove vediamo una Los Angeles portata all'autodistruzione dove la violenza la fa da padrona. Un protagonista: il tenente Solomon Newton, dovrà affrontare da solo una città impazzita. Un crescendo inarrestabile di colpi di scena, di violenza, di azione. Un thriller apocalittico che prende alla gola.
Prima o poi dovevo proprio recensire il libro da cui ho preso il mio “nick”. Nome strano certo per chi non ha letto questo stupendo libro (primo di una trilogia - ma che si legge a se stante non preoccupatevi), ma che rappresenta una stirpe di grandi guerrieri del pianeta Kesrith. Purtroppo questa autrice, vincitrice del prestigioso premio Hugo, è sconosciuta ai più... ma i sono qui per questo no? Stranamente questa volta gli umani sono estesi in varie parti della Galassia, siamo i dominatori, siamo belli e grandi senonchè una razza ancora sfugge al nostro controllo i Regul, che però più furbi degli altri non se la sentono proprio di imbracciare laggi laser e assoldano gli spietatissimi “Mri”, che sono davvero, ma davvero tosti anche per noi. Sullo sfondo dui questa cruenta guerra, giocata non solo militarmente, si muovono le razze protagoniste di questa opera (“pitturate” in maniera egregia) che vi porteranno alla scoperta di pianeti meravigliosi, amori, lotte interne, fedeltà e passioni riportate in uno stile molto descrittivo e avvincente. Un Must per gli amanti della Sci-Fi.
Libro classico d'avventura, lettura obbligatoria per tutti i ragazzi che si avvicinano al mondo dei libri.
Riguardandolo con l'occhio del “poi” posso sicuramente affermare che è stato scritto di meglio nell'ambito del filone “avventura”.
Mi è capitato in mano recentemente questo volumetto destinato ai bambini di tanto tempo fa... mi si è stretto il cuore a sfogliare le pagine e a vedere le invenzioni del passato e quelle che negli anni 80 si pensava che sarebbero entrate nel presente di oggi, quanto mi aveva fatto sognare questo libro tutto colorato...
Anche questo librone è stata una pietra importante delle fondamenta della mia vita da lettore. Girare con questo librone nelle mie piccole mani pieno di consigli e giochi con i miei personaggi preferiti di Walt Disney, era una cosa meravigliosa.