Tempio, in originale “Temple” è un romanzo d'azione e avventura dello scrittore australiano Matthew Reilly, pubblicato nel 1999. Il principale personaggio ideato da Matthew Reilly è il capitano Shane M. Schofield del Corpo dei Marines degli Stati Uniti d'America. Altri famosi sono l'australiano Jack West Jr. e il professore universitario William Race. Ha poi creato la serie per ragazzi Hover Car Racer, considerata un incrocio fra Harry Potter e Fast and Furious.
Una curiosità sull'autore è che nessun suo romanzo è mai stato tradotto e stampato in Francia, principalmente per il fatto che il suo governo e le sue forze armate sono rappresentate come un gruppo di assassini spietati e privi di ogni scrupolo.
Questo è un romanzo stand-alone, non appartenente ad una delle serie sopra citate.
La caratteristica principale dei romanzi di Reilly è l'azione forsennata e rutilante, tipica del cinema d'azione moderno, e la scarsa rappresentazione psicologica dei suoi protagonisti. Fa un uso molto frequente dei cosiddetti personaggi tipo, e compie una netta distinzione fra buoni e cattivi. È anche uno degli autori che frequentemente capovolge le alleanze presenti nella scacchiera internazionale, per creare quadri fantapolitici più sviluppati. Molte volte, nei suoi romanzi, il protagonista si trova ad affrontare avversari spietati provenienti da paesi europei specialmente la Francia.
La trama di questo libro si può riassumere in questi termini: siamo nel 1999 e William Race, mite professore di lingue viene assoldato dall'esercito degli Stati Uniti d'America e portato nella foresta pluviale. Il suo compito è tradurre un antico manoscritto compilato dal monaco Alberto Santiago durante l'occupazione spagnola dell'impero Inca, e che rivela l'ubicazione di un idolo. Questa scultura che ha la forma di una testa di leopardo è costruita con il tirio un minerale di origine spaziale che può essere utilizzato come motore per la Supernova, un'arma in grado di distruggere la civiltà umana e l'intero pianeta. Il Tempio, in cui si dovrebbe trovare l'idolo è però protetto da giganteschi felini carnivori, chiamati “Rapa”, e il recupero viene inoltre bloccato dall'intervento di un commando militare tedesco. Questi vogliono recuperare l'idolo prima che lo facciano Ehrhardt e il suo scagnozzo Anistaze, capi di un gruppo terrorista nazista in possesso di una Supernova.
Il romanzo è diviso in due filoni narrativi: l'avventura ai giorni nostri del professor William Race e la storia del monaco Alberto Santiago durante l'occupazione spagnola dell'impero incas, e la sua fuga con l'idolo per impedire che finisca in mano ai Pizzaro.
Quello che ne esce è una mescolanza tra l'avventura stile Indiana Jones e il thriller d'azione tipico di Reilly e come dire, non è che sia propriamente esaltante: situazioni talmente inverosimili da scivolare nel ridicolo, dialoghi da pessimi b-movie, personaggi che sembrano di cartone e per di più sottile, distinzione tra buoni e cattivi tipo soldatini di piombo che stanno o di qua o di là... insomma ‘na robaccia.
Venivo da un periodo buio da mancanza di Dirk Pitt e Al Giordino - i mitici personaggi avventurosi del Cussler vecchio stampo - e cercavo delle buone avventure simili, mi sono ritrovato in mano con queste pagine da arrotolarci il pesce. Fate un po' voi.
La saga di “Battaglia per la Terra” scritta da L. Ron Hubbard, è composta da tre volumi: “Gli ultimi uomini”, “Il segreto rivelato”, “Confronto finale”; si tratta di una bellissima saga di fantascienza e vi prego di non fermarvi assolutamente sull'idea che potreste avervene fatto se avete visto quell'orripilante film con John Travolta e vi pregherei di la sciare da parte tutti i pensieri che avete su “Scientology”, che qui proprio non c'entra nulla.
La storia: Nel 3000 la Terra è stata conquistata da un bellicoso popolo alieno, gli Psychlo alla cui guida vi è lo spietato Terl. I pochi uomini rimasti, regrediti alla preistoria, sono costretti alla schiavitù dagli invasori, che per respirare l'aria della Terra (per loro insalubre) indossano speciali filtri all'idrogeno puro, che sul loro pianeta costituisce il 95% dell'atmosfera.
La Terra è un deserto desolato. Nelle cupole di otto impianti minerari sparsi per il globo i malvagi alieni Psyclo prosciugano le risorse minerarie del pianeta, di cui distrussero quasi totalmente la popolazione mille anni prima. I pochi sparuti resti di umanità si nascondono in villaggi e aree remote, una specie in pericolo, sull'orlo dell'estinzione.
Ma il terrestre Johnny Tyler, con la riscoperta delle antiche rovine del XX secolo (tra cui le biblioteche ove apprende la storia umana dimenticata, e gli arsenali nucleari con bombe ancora efficienti), riuscirà a guidare la rivolta degli uomini contro gli invasori.
Tutti e tre i libri appartengono alla vena d'oro della fantascienza, quella classica, le idee sono originali, ben sfruttate e il romanzo corre come un tutt'uno (impensabile leggerne solo uno, visto l'unicità della storia) verso un finale sorprendente. La scrittura di Hubbard si legge bene e diverte e non manca una certa vena satirica che lo scrittore svilupperà successivamente.
Se siete appassionati di fantascienza non potete certo non leggere questa trilogia che vi terrà incollati alle pagine per finire tutti e tre i libri in men che non si dica. difficilmente mi è capitato di leggere un altro così classico e ben scritto esempio di avventura/fantascienza di quel periodo meraviglioso che fu l'età dell'oro di questo genere letterario.
Consigliatissimo.
La strada delle stelle, in originale “The Mote in God's Eye”, è un romanzo di fantascienza di Larry Niven e Jerry Pournelle del 1974. È stato candidato ad entrambi i maggiori riconoscimenti della letteratura fantascientifica, il Premio Hugo e il Premio Nebula. Questo romanzo non è l'unica opera scritta a quattro mani da Niven e Pournelle, ma è sicuramente la più famosa e quella che ha ottenuto il maggior successo.
Il libro affronta la tematica dell'incontro con una razza aliena, che si rivela essere per molti aspetti superiore a quella umana, quella dei Moties. Una specie divisa in molte caste, ciascuna biologicamente predisposta per un compito specifico: ci sono i Signori, i Mediatori, i Tecnici, ecc. Ogni casta è in grado di svolgere un solo compito, ma in modo eccellente, in particolare i tecnici sono in grado di smontare e ricostruire qualsiasi congegno in brevissimo tempo.
La trama è questa: Il Primo Impero dell'Uomo è ormai polvere da lungo tempo e un Secondo Impero è sorto sulle sue rovine, ma l'uomo non ha ancora avuto contatti con una razza aliena. Quando viene rilevata una sonda, forse lanciata da un mondo isolato. Il compito di intercettarla viene affidato alla sola nave imperiale abbastanza vicina da tentare di intercettarla, sebbene sia impegnata a trasportare una nobile d'alto rango e un sospetto traditore la Mac Arthur. Il suo capitano fresco di nomina, riesce nel tentativo, all'interno viene rinvenuto un essere stranamente asimmetrico.
Viene deciso di inviare una missione: sarà composta dalla Mac Arthur, comandata da Blaine, e dalla Lenin, guidata dall'Ammiraglio Kutuzov, famoso per aver ridotto in cenere un mondo ribelle. Il primo incontro avviene con una nave monoposto. Il Motie affascina l'equipaggio della Mac Arthur, e così fanno anche le miniature Motie che l'alieno ha portato con se. Le relazioni tra Umani e Motie si fanno più amichevoli, fino a permettere ad una squadra della Mac Arthur di sbarcare su Mote primo, un pianeta vecchio e sovrappopolato, ma qui le sorprese non si faranno attendere...
Il romanzo come abbiamo detto affronta il tema del primo contatto tra la specie umana e una razza aliena, che, si scopre, rappresenta una potenziale minaccia per l'intera umanità, ponendo quindi una serie di problemi etici e morali. Una cultura aliena molto complessa quella dei Motie, dettagliata e coerente, con personaggi ben caratterizzati, che non presenta situazioni semplici o banali. Siamo lontanissimi dall'idea di alieno buono/cattivo di tanta fantascienza: la minaccia che gli alieni rappresentano per la razza umana dipende dalla loro biologia, non da una loro precisa volontà di potenza o innata malvagità. Una prospettiva davvero originale e inaspettata.
Ricco di spunti ed idee interessanti, con una trama complessa e appassionante, costituisce un classico della Fantascienza, da leggere assolutamente.
La formula Fénéon secondo il suo inventore: una riga per l'ambiente, una per la cronaca più o meno nera, una per l'epilogo a sorpresa.
Nel 1906 scrisse per il quotidiano “Matin”, senza mai firmarli, 1500 romanzi, formati da tre righe ciascuno e ispirati prevalentemente a fatti di cronaca come spunti per una breve elaborazione dell'autore, di un gusto spesso cinico e ironico. Scorrendo il libro che ne raccoglie un centinaio dei millecinquecento scritti si rimane praticamente subito attratti della sintesi e dai toni ironici e taglienti: una mezz'ora di lettura diversa dal solito e molto rilassante.
Sta di fatto che la prima cosa curiosa sta nella vita dell'autore: un tipo alquanto bizzarro che attraversa senza quasi mai apparire in prima persona quegli anni letterari, era stato funzionario ministeriale fino all'accusa, che lo portò al processo, di aver partecipato a un attentato dinamitardo di matrice anarchica.
Il bello di questo libricino è che ogni piccolo evento/romanzo si carica di significati che vanno ricercati e che non si esauriscono nelle tre righe scritte. Ognuno è una piccola particella di un atomo con infinite combinazioni che vengono lasciate tutte al lettore. Un piccolo esempio:
“A Clichy, un ragazzo piuttosto elegante si è buttato sotto una vettura di piazza, rialzandosi illeso. Un attimo dopo si è fatto investire da un camion, che lo ha ucciso”.
Un ragazzo che è in capace di suicidarsi, probabilmente abbiente, di buona famiglia (visto l'eleganza del vestito) a cui possiamo dare mille motivi per quel tragico gesto, magari è elegante perchè è un impostore, un ladro che sceglie proprio il suicidio per espiare le sue colpe; insomma la sua volontà di morire viene completamente annichilita dal fato che lo fa morire comunque ma lasciando a lui solo la modalità e la forma, un destino ingrato che sottrae al ragazzo quest'ultimo autonomo atto individuale, per essere prima deriso e poi accontentato ma sottomesso.
Sembra molto spesso di leggere una cronaca di giornale, ma che lascia aperte infinite porte che danno su universi paralleli dove la storia prosegue, finisce, riparte infinite volte e da cui si diramano in vie diverse intere storie tutte plausibili.
Un'opera “aperta”, insomma. Che lascia il campo aperto a qualunque tipo d'interpretazione. Costringendo a lavorare di fantasia. Come ogni storia che si rispetti.
Da avere e da conservare come un gioiellino.
Da questo libro è stato tratto il famoso film con protagonisti Anthony Hopkins (Mr Stevens) ed Emma Thompson (Miss Kenton), non ho ancora visto il film, ma le immagini (così come la copertina) non so perchè mi sono note e dunque è stato naturale per la mia mente vestire i protagonisti del libro con i loro panni.
La storia si svolge negli anni Cinquanta, in Inghilterra, più precisamente nelle campagne inglesi del primo dopo guerra. Mr Stevens è l'esatto dipinto dell'immaginario collettivo di un maggiordomo inglese: irreprensibile, perfetto, affidabile e insostituibile. Durante la lettura mi è sovvenuto parecchio anche la serie “Downtown Abbey”. Il protagonista svolge il suo lavoro nella prestigiosa Darlington Hall. Ho scritto lavoro, ma più che altro è la sua vita che non ha confini con il proprio ruolo di maggiordomo, per lui gli anni al servizio dei suoi padroni sono come una missione e un importante contributo alla società, che però sta cambiando inesorabilmente: non è più tempo di Lord con decine di persone come servitù che badano alla magione e alla proprietà terriera; infatti lui si troverà praticamente da solo a servire il suo nuovo padrone, un facoltoso americano, che gli propone per la prima volta nella sua vita, una vacanza per staccare dai propri doveri. Così Mr Stevens decide di sfruttare quei giorni liberi per far visita a Miss Kenton, ora Mrs Benn, una governante che recentemente gli ha scritto una lettera, lui vuole approfittarne per chiederle di riprendere il suo posto.
Comincia così un viaggio verso la Cornovaglia, narrato in prima persona da Mr Stevens, in cui le esperienze del giorno saranno spunto per i molteplici ricordi della vita passata a Darlington Hall, ma sarà soprattutto l'occasione per tirare le file di una vita spesa al servizio del suo padrone e insieme a Miss Kenton ci si renderà presto conto che “quel che resta del giorno” saranno solo occasioni perse e malinconia e probabilmente una vita spesa forse nella speranza e solo quella di aver contribuito in maniera sostanziale ad una vita di una società che oramai non esiste più.
Se dovessi definire questo libro con una sola parola, direi “delicato”. Come un paesaggio inglese durante un tramonto autunnale guardato da una finestra mentre si prende un tè. E forse quello che resta del giorno sarà una nebbiolina sottile e un freddo che sale a ghermire il nostro corpo.
Avete presente quelle scritte del tipo “Nuoce gravemente alla salute” che vengono impresse sui pacchetti delle sigarette? Ecco io avrei fatto apporre sulla copertina una scritta del tipo “da leggere se non siete depressi”, oppure “attenzione: altera inevitabilmente l'umore”, o anche “contiene contenuti altamente depressivi”. Una sorta di avviso, un attenzione ai lettori, perchè questo libro è triste, triste al limite dello straziante e a volte questa atmosfera da quasi fastidio, perchè ti sembra quasi disturbante che ad una persona possano capitare così tante situazioni dolorose tutte insieme.
Confesso anche che arrivato ad un terzo del libro ho mollato tutto per un paio di mesi, ma non è che ho letto altro, proprio mi ha fatto allontanare dalla lettura di alcunchè, poi complice la mia regola che non abbandono mai un libro per nessuna ragione al mondo, mi sono fatto coraggio e in tre giorni l'ho letto e concluso. Ora non è che è stata solo la tristezza che porta con se questa storia a farmelo abbandonare per così tanto tempo, ci sono parti (soprattutto le prime) che sono davvero troppo lente e ripetitive; insomma è una lettura complessa e “difficile” da affrontare per tante ragioni.
Se dovessi consigliare questo libro a qualcuno o se qualcuno mi chiedesse se vale la pena leggerlo, probabilmente lo farei, ma metterei un sacco di “se” davanti: “se, sei nel periodo giusto”, “se, non ti stancano le letture lunghe”, “se, non sei particolarmente triste”, “se, non ti disturbano certi argomenti”, “se, non ti rompi le palle a leggere paginate di vie, ristoranti, case di New York”, insomma metterei un sacco di paletti prima del mio consiglio.
Ho letto molti altri libri strazianti come ad esempio “Tutti i bambini tranne uno”, dove un padre scrive della morte di un figlio piccolo, dalla scoperta della malattia fino alla fine; ma questo è veramente un concentrato di tragedia, dolore e accanimento della vita verso una persona e anche di come tutto questo possa portare ad una malattia mentale e a tutti i risvolti che ne conseguono per lui e le persone che decidono di stargli accanto.
Insomma detto tutto questo e non avendo scritto nulla della trama in sè, come d'altronde sai che ti avvisano che “nuoce gravemente alla salute”, ma ti accendi comunque quella sigaretta, lascio a voi la decisione dopo le mie parole se intraprendere o meno questa lettura, che indubbiamente sarà diversa da molto di quello che avete già letto, ma che porta appresso tutto quanto scritto sopra.
Ci sono libri sottili, che passano quasi inosservati, poco strombazzati e pubblicizzati, stanno sugli scaffali delle librerie in angoli bui, schiacciati da nomi molto più importanti ed invadenti, sembrano vivere solo per l'attimo in cui qualcuno venga catturato da loro, così per caso.
Il signor Cravatta è uno di questi, è un romanzo toccante, delicato, costruito con un linguaggio lieve, di ambientazione giapponese, ricco di temi quali la perdita e la solitudine, di quello che non diciamo e non facciamo, il nascondere e la vergogna, descrive il mondo di personaggi soli ed in difficoltà che però riescono a superare il momento di crisi tornando alla vita. Con una prosa evocativa, l'autrice porta in scena una narrazione in cui si alternano tenerezza, dolore e rimpianto.
Milena Michiko Flasar, di madre giapponese e di padre austriaco, vive a Vienna e scrive in tedesco. Il Giappone è il suo paese di riferimento. Dopo alcune raccolte di novelle, nel 2012, pubblica un romanzo breve, Il signor Cravatta , che ora l'Einaudi presenta nella puntuale traduzione di Daniela Idra.
Il libro affronta problemi cruciali del Giappone contemporaneo, come quello degli “hikikomori”, ragazzi e ragazze che, causa l'ansia da prestazioni a scuola e di aspettative in casa, si isolano interrompendo ogni contatto con famiglie e società, quello dei “salaryman”, gli uomini-salario sempre a rischio di “karoshi”, (decesso per superlavoro) o di licenziamento causa la crisi, quello del bullismo tra gli adolescenti nelle scuole. Più in generale racconta di perdite e di solitudine, ma con una speranza di redenzione, di rinascita finale.
I capitoli sono brevi, scritti come pagine di diario in cui il monologo interiore si insinua di continuo nella narrazione oggettiva, una piccola perla, una bellissima sorpresa.
Un libro molto intenso, scritto molto bene, di una scrittrice da non perdere di vista e da cercare ancora.
“Il reggimento parte all'alba” è una raccolta di racconti di Dino Buzzati pubblicata postuma per la prima volta nel 1985. Alcuni degli scritti presenti apparvero in precedenza su giornali quotidiani nazionali. Gli ultimi racconti in particolare sono brevissimi, sono pensieri, riflessioni, piccoli istanti di vita e di morte.
La raccolta trae il titolo dal primo racconto e dall'importanza simbolica del “reggimento”. Infatti l'unico filo conduttore dei racconti presenti, scritti durante gli ultimi mesi di vita di Buzzati, è la morte, un pensiero fisso che si ritrova anche in tutti i suoi scritti precedenti, ma che essendo ora imminente anche per l'autore, si fa più insistente.
Tutti appartengono ad uno degli innumerevoli reggimenti che devono partire ma a nessuno è dato sapere quale sia il proprio e dove esso sia. Nessuno pensa mai che morirà, gli uomini credono sempre di essere immortali, ma la chiamata non risparmia nessuno, neanche i bambini. Ogni racconto pur avendo come trama lo stesso argomento, offre sempre nuovi spunti di riflessione.
Il racconto “Stefano Caberlot, scrittore”, altri non è che lo stesso Buzzati, che si accorge che le bugie dette dal suo medico per nascondergli la sua morte imminente, sono le stesse che egli stesso aveva fatto dire ad un medico di un suo racconto. I dottori minimizzano la gravità della situazione, ma lui sa.
La scrittura di Buzzati è come sempre un misto di ritmo e musicalità con una punteggiatura sempre molto particolare (ad esempio l'omissione del punto esclamativo o l'uso inconsueto della parentesi) e lo studio davvero minuzioso e attento della sintassi, una scrittura che per me rimane irraggiungibile nel suo libro più famoso, ovvero “Il deserto dei tartari”; qui se devo essere sincero non mi ha entusiasmato non tanto lo stile e nemmeno la simbologia con tutte le storie narrate, ma forse la scelta del racconto breve, che personalmente non ho mai amato.
Consiglio la lettura, come corollario all'opera dell'autore.
Preghiera per un amico, in originale “A Prayer for Owen Meany” è il settimo romanzo dello scrittore americano John Irving. Pubblicato nel 1989, racconta la storia di due ragazzi, John Wheelwright e il suo migliore amico Owen Meany, e della loro infanzia e gioventù trascorsa insieme in una piccola città del New Hampshire negli anni ‘50 e ‘60. Owen è descritto dall'autore come un ragazzo fuori dal comune: sa di essere strumento del volere di Dio e cerca di compiere il destino annunciatogli da una sua stessa profezia.
La voce narrante del romanzo è John Wheelwright, cittadino del New Hampshire che decide di trasferirsi dagli Stati Uniti a Toronto in Canada ottenendo così la cittadinanza canadese. La storia è narrata secondo due piani temporali: il primo rappresenta la prospettiva di John nel presente (1987), il secondo dà voce ai suoi ricordi: l'infanzia e gioventù trascorsa insieme al suo migliore amico Owen Meany. Il romanzo affronta questioni spirituali come l'importanza della fede, i problemi di giustizia sociale e il concetto di destino, all'interno di una narrazione inconsueta.
Libro estremamente bello, capolavoro semisconosciuto di Irving, uno dei più geniali romanzieri contemporanei americani. Sono pagine che si leggono da sole, che entusiasmano, toccano nel profondo e commuovo il lettore dall'inizio alla fine. Chi si dimenticherà più di Owen Meany? Uno dei personaggi migliori e meglio delineati che mi sia mai capitato di incontrare nella mia vita da lettore: gli si vuol bene, a Owen, un bene profondo e duraturo, nonostante la sua “leggerezza”, e ad ogni angolo per strada sembra di vederlo, sembra che prima o poi lo s'incontrerà e diverrà il nostro migliore amico.
Un mix di amore, dolcezza, passione ed ironia che non può assolutamente mancare nella biblioteca di qualsiasi appassionato lettore. La scrittura è molto piacevole e scorrevole, ma il contenuto del libro non è assolutamente banale, anzi direi che almeno in alcuni punti è estremamente profondo con personaggi immortali, veri, unici e mai banali, inserendoli in una cornice storica resa con potente realismo: l'America dei Kennedy e la guerra del Vietnam sullo sfondo, per arrivare agli anni ottanta.
Una curiosità sull'opera: il romanzo si ispira parzialmente all'opera più nota di Günter Grass, “Il tamburo di latta”. Grass è stato fonte di ispirazione per Irving, oltre che un amico stretto. Entrambi i protagonisti dei romanzi, Owen Meany e Oskar Matzerath, condividono le stesse iniziali del nome e altre caratteristiche, le loro storie mostrano inoltre alcuni parallelismi. Irving ha confermato queste somiglianze. Preghiera per un amico segue tuttavia una trama diversa e indipendente.
Un romanzo intenso e bellissimo, con un finale struggente. Difficilmente se ne trovano di migliori.
Il barone Bagge è un romanzo del 1936, dell'autore Alexander Lernet-Holenia
che è stato uno scrittore, drammaturgo, traduttore, poeta, saggista e sceneggiatore austriaco fra i più importanti, nel suo paese, del XX secolo. Autore di romanzi, raccolte di poesie, biografie, traduzioni nonché di alcuni drammi teatrali, radiofonici e televisivi e di numerosi soggetti per il cinema.
E' il racconto che si svolge all'ombra dei Carpazi, durante la prima guerra mondiale fra crateri spenti, nebbie e pantani di uno squadrone della cavalleria austriaca che parte in missione alla ricerca del nemico ma che si addentrerà nell'ignoto. Sono centoventi soldati sperduti sul fronte orientale della prima guerra mondiale. Seguendo il loro scalpitare, varcheremo la soglia di un regno intermedio che è l'insieme dei vivi e dei morti, del sogno e della realtà.
Il protagonista è il Barone Bagge, giovane ufficiale della cavalleria austro-ungarica in guerra contro i russi nella pianura pannonica nel 1915. Ci sarà un attacco al galoppo e l'aprirsi di un varco temporale in cui il suo squadrone si stabilisce in un villaggio ungherese dove il ragazzo intreccia una relazione con una giovane ereditiera che sposerà in fretta e furia prima di riprendere il cammino verso un invisibile nemico di cui sembra non esserci più esistenza. Finirà tutto su un ponte dorato, un ponte che separa la vita dalla morte e la realtà dal sogno. Sembra banale dirlo, ma il libro non lo è affatto.
E' un delizioso romanzo breve di un autore di classe, scritto in maniera impeccabile con una raffinatissima prosa, perfetto nella sua breve costruzione. Non si potrebbe togliere nulla e nemmeno aggiungere, perché si andrebbe a rovinare quella perfezione che a volte si racchiude nei racconti brevi.
Perché in verità, per quanto sia alieno dalle fantasticherie, in fondo al mio animo il sogno è tuttora realtà, e la realtà davvero nulla più d'un sogno.
Tema eterno di tutte le letterature, quello del sogno e della vita che si scambiano reciprocamente i ruoli; se è un sogno la morte, anche la vita potrebbe essere solo un sogno e che tra questi due mondi corrano ponti in un senso e nell'altro, tanto che sarebbe difficile dire realmente cosa sia morte e cosa sia vita, e dove comincino e finiscano lo spazio e il tempo che le separano!
Lettura breve ma affascinante.
Zoom è il marchio editoriale digitale di Feltrinelli. Questi libri digitali sono proposte di letture, racconti, romanzi brevissimi, a volte estratti da libri già pubblicati che vogliono essere una nuova idea di libro: economico, veloce e maneggevole con costi ridottissimi. In Zoom si trovano libri che finora non si potevano pubblicare per via dei costi della carta stampata e di tutto il processo di pubblicazione.
In particolare questo “Gli occhi di Malrico” è nella raccolta “Zoom Flash” che ha nel suo catalogo racconti, romanzi a puntate e saggi editi e inediti. Sono tutte storie brevi, per chi ha voglia di leggere qualcosa di veloce, magari in treno e poter iniziare e finire un'emozione in un breve lasso di tempo. Ho trovato questa collana come anche “Zoom Filtri”, un'idea davvero azzeccata, anche perché i libri proposti sono vari, interessanti e si leggono magari tra un libro e l'altro, mentre si decide cosa affrontare di impegnativo nelle prossime letture.
In particolare questo libro di Mattia Conti ci racconta di una strana storia d'amore tra Malrico, miope come una talpa e Teresa che vede soltanto da lontano; i due si sapranno compensare a vicenda e nel giro di poche pagine li vedremo cresciuti e alle prese con la vita di tutti i giorni con il lavoro ed un figlio. Con la loro diversità di vedute sapranno conquistarsi l'obiettivo di pagarsi un'operazione agli occhi che gli consentirà di vedere come persone normali... ma scopriranno ben presto che il loro limite visivo era ciò che li legava più di ogni altra cosa.
Una lettura piacevole e veloce, niente di particolarmente eccezionale, ma per il tempo di lettura necessario a finirlo è ben ripagato.
L'alba della notte (The Night's Dawn Trilogy) è una trilogia di romanzi di fantascienza di Peter F. Hamilton.
La serie è composta dai romanzi, che qui in Italia sono stati pubblicati separandoli in 11 volumi:
La crisi della realtà (1996, pubblicato in quattro volumi su Urania)
La crisi della realtà 1: Emergenza!
La crisi della realtà 2: Attacco!
La crisi della realtà 3: Potere totale
La crisi della realtà 4: Contrattacco
L'alchimista delle stelle (1997, pubblicato in quattro volumi su Urania)
L'alchimista delle stelle 1: I morti contro i vivi
L'alchimista delle stelle 2: Il nemico
L'alchimista delle stelle 3: Collasso
L'alchimista delle stelle 4: Il grande conflitto
Il dio nudo (1999, pubblicato in due volumi su Urania)
Il dio nudo: prima parte
Il dio nudo: seconda parte
Non si capisce bene come mai una fantascienza così di qualità non venga poi pubblicata per un più ampio pubblico di cultori, che sicuramente può apprezzare questa trilogia; ma questo è un argomento che più volte ho trattato e non mi dilungherò oltre sulle incomprensibili scelte editoriali.
Quello che recensirò qui è il primo libro della trilogia “La crisi della realtà”, storia che diciamolo subito è partita alla grande e stabilitasi a livelli più che accettabili nel corso del proseguimento della storia ha secondo me peccato un po' nel finale, che tra l'altro (essendo il primo della trilogia) è una chiusa parziale della storia.
Nel ventisettesimo secolo l'umanità, divisa tra Edenisti (che vivono in strutture bitek senzenti e biotecnologicamente avanzati) e Adamisti (religiosi sviluppatori di nanotecnologie che rifiutano l'uso delle tecnologie bitek) è ormai sparsa su centinaia di pianeti, riuniti nella Confederazione, tra cui troviamo anche delle razze Xeno (extraterrestri) e nonostante alcune guerre, il momento è prospero e la colonizzazione continua. Personaggio principale di questa space opera è il capitano Joshua Calvert che fa una scoperta eccezionale su una civiltà xeno misteriosamente scomparsa secoli prima, i Laymill, mentre una misteriosa arma viaggia nello spazio e in un mondo appena colonizzato un depò (rifiuti dell'umanità che vengono espulsi dalla Terra su pianeti appena colonizzati) darà inizio ad un'invasione devastante di entità aliene da un altro continium temporale.
Quello che sorprende in questa storia sono le idee di Peter F. Hamilton e i posti fantastici scaturiti dalla sua penna, davvero una ventata di originalità in un contesto come quello della sci-fi dove molto è già stato scritto. Dal primo volume vengono delineate le sottotrame che si svolgeranno lungo tutta la saga, introducendo i personaggi principali. Probabilmente nel secondo volume della trilogia, tali aspetti verranno ampliati e poi chiusi.
Tra le idee indubbiamente più interessanti, c'è il concetto della molteplicità dell'habitat bitek degli Edenisti, uomini modificati geneticamente che, grazie al gene dell'affinità oltre a essere sempre in contatto l'uno con gli altri e con l'ambiente in cui vivono, dopo la morte fisica trasferiscono i loro ricordi nello strato neurale di un habitat, divenendo la somma di singoli Edenisti, una personalità globale. Altra chicca sono i “spaziofalchi” e i fratelli oscuri “nerofalchi”, creature del vuoto interstellare, astonavi vive e senziente che si accoppiano nei vuoti stellari per poi essere assegnati ai capitani che le comanderanno per tutta la vita.
Non mancano gli spettacolari scontri tra le astronavi armate.
Quello che meno mi è piaciuto e che ha diversificato il voto tra i primi due volumi e i restanti due è la parte dell'invasione dall'aldilà dei morti di tutti millenni che ritornano da questa parte dell'universo mediante la possessione forzata degli uomini che vivono in questa realtà. Sembrerà che un prete abbia il potere di esorcizzare tale potere nefando. Ecco ho trovato questa parte la più debole, almeno personalmente, ho trovato questa idea decisamente poco originale.
Tutto sommato questi primi quattro volumi sono decisamente da non lasciarsi sfuggire ad ogni appassionato di fantascienza, andando a cercare i volumi nelle bancarelle dell'usato o più semplicemente cercandoli in rete. Dopo una pausa con altre letture, sicuramente porterò avanti questa trilogia.
Consigliato.
L'alba della notte (The Night's Dawn Trilogy) è una trilogia di romanzi di fantascienza di Peter F. Hamilton.
La serie è composta dai romanzi, che qui in Italia sono stati pubblicati separandoli in 11 volumi:
La crisi della realtà (1996, pubblicato in quattro volumi su Urania)
La crisi della realtà 1: Emergenza!
La crisi della realtà 2: Attacco!
La crisi della realtà 3: Potere totale
La crisi della realtà 4: Contrattacco
L'alchimista delle stelle (1997, pubblicato in quattro volumi su Urania)
L'alchimista delle stelle 1: I morti contro i vivi
L'alchimista delle stelle 2: Il nemico
L'alchimista delle stelle 3: Collasso
L'alchimista delle stelle 4: Il grande conflitto
Il dio nudo (1999, pubblicato in due volumi su Urania)
Il dio nudo: prima parte
Il dio nudo: seconda parte
Non si capisce bene come mai una fantascienza così di qualità non venga poi pubblicata per un più ampio pubblico di cultori, che sicuramente può apprezzare questa trilogia; ma questo è un argomento che più volte ho trattato e non mi dilungherò oltre sulle incomprensibili scelte editoriali.
Quello che recensirò qui è il primo libro della trilogia “La crisi della realtà”, storia che diciamolo subito è partita alla grande e stabilitasi a livelli più che accettabili nel corso del proseguimento della storia ha secondo me peccato un po' nel finale, che tra l'altro (essendo il primo della trilogia) è una chiusa parziale della storia.
Nel ventisettesimo secolo l'umanità, divisa tra Edenisti (che vivono in strutture bitek senzenti e biotecnologicamente avanzati) e Adamisti (religiosi sviluppatori di nanotecnologie che rifiutano l'uso delle tecnologie bitek) è ormai sparsa su centinaia di pianeti, riuniti nella Confederazione, tra cui troviamo anche delle razze Xeno (extraterrestri) e nonostante alcune guerre, il momento è prospero e la colonizzazione continua. Personaggio principale di questa space opera è il capitano Joshua Calvert che fa una scoperta eccezionale su una civiltà xeno misteriosamente scomparsa secoli prima, i Laymill, mentre una misteriosa arma viaggia nello spazio e in un mondo appena colonizzato un depò (rifiuti dell'umanità che vengono espulsi dalla Terra su pianeti appena colonizzati) darà inizio ad un'invasione devastante di entità aliene da un altro continium temporale.
Quello che sorprende in questa storia sono le idee di Peter F. Hamilton e i posti fantastici scaturiti dalla sua penna, davvero una ventata di originalità in un contesto come quello della sci-fi dove molto è già stato scritto. Dal primo volume vengono delineate le sottotrame che si svolgeranno lungo tutta la saga, introducendo i personaggi principali. Probabilmente nel secondo volume della trilogia, tali aspetti verranno ampliati e poi chiusi.
Tra le idee indubbiamente più interessanti, c'è il concetto della molteplicità dell'habitat bitek degli Edenisti, uomini modificati geneticamente che, grazie al gene dell'affinità oltre a essere sempre in contatto l'uno con gli altri e con l'ambiente in cui vivono, dopo la morte fisica trasferiscono i loro ricordi nello strato neurale di un habitat, divenendo la somma di singoli Edenisti, una personalità globale. Altra chicca sono i “spaziofalchi” e i fratelli oscuri “nerofalchi”, creature del vuoto interstellare, astonavi vive e senziente che si accoppiano nei vuoti stellari per poi essere assegnati ai capitani che le comanderanno per tutta la vita.
Non mancano gli spettacolari scontri tra le astronavi armate.
Quello che meno mi è piaciuto e che ha diversificato il voto tra i primi due volumi e i restanti due è la parte dell'invasione dall'aldilà dei morti di tutti millenni che ritornano da questa parte dell'universo mediante la possessione forzata degli uomini che vivono in questa realtà. Sembrerà che un prete abbia il potere di esorcizzare tale potere nefando. Ecco ho trovato questa parte la più debole, almeno personalmente, ho trovato questa idea decisamente poco originale.
Tutto sommato questi primi quattro volumi sono decisamente da non lasciarsi sfuggire ad ogni appassionato di fantascienza, andando a cercare i volumi nelle bancarelle dell'usato o più semplicemente cercandoli in rete. Dopo una pausa con altre letture, sicuramente porterò avanti questa trilogia.
Consigliato.
Un libro assolutamente da leggere per chi ama la fantascienza, quella “dura”, quella che ti da “quel senso del meraviglioso” tipico dei primi anni di questa branchia della scrittura; ma non solo perchè qui troverete macchine ipertecnologiche, robot umanoidi, guerre stellari, civiltà evolutissime, stazioni orbitanti che sono grandi come pianeti. Questo è il primo libro del Ciclo della Cultura, purtroppo se vi piacerà questo (e non ne dubito) dovrete come me impazzire a cercare gli altri, ma non potrete farne a meno ve lo assicuro. Sempre in fanucci troverete il seguito, il resto è della Nord, ma dispererete. Tornando al libro vi troverete al fianco di Horza una spia mercenaria che dovrà affrontare un viaggio “ulissiano” per scovare una “Mente” sfuggita al controllo della Rete della Cultura, non sarà solo in questo viaggio e con lui ci sarete anche voi, senza dubbio...
Molto bello questo must della fantascienza, l'idea di un mondo dove nel mondo esistono telepati divisi in classe di potere e all'interno di questa comunità viene commesso un delitto. Ma com'è possibile? Commettere un delitto se possiamo vedere i pensieri di chi ci uccide nell'attimo prima dell'atto stesso. Molto ben congegnato e con un gran finale. La curiosità è che le “parole” nello scambio di battute o per meglio dire di “pensieri” tra i telepati vengono disposte sulla pagina in modo da formare immagini.
Forsyth è un maestro del genere spy-story, autore di romanzi come: “Il giorno dello sciacallo”, “I mastini della guerra”, “Dossier Odessa”, “Il Quarto Protocollo” e molti altri. E' indubbiamente uno dei miei scrittori preferiti in questo genere e lo metterei con Ludlum, Le Carrè, Cruz Smith, direttamente sul podio.
Questa storia è meravigliosa, uno dei migliori dell'autore, se non il migliore, documentato tramite una fittissima ricerca dove si riesce a mischiare molto bene realtà e fantasia, prendendo le mosse dalla storia reale del super cannone; l'inizio è molto analitico entrando nel dettaglio di tutte le problematiche relative alle forniture di armi e tecnologia da parte di USA ed Europa all'Iraq di Saddam nel periodo in cui si cercava di usare l'Iraq per mettere i bastoni tra le ruote all'Iran.
La storia: poco prima dello scoppio della Guerra del Golfo, l'agente segreto inglese Mike Martin scopre che le truppe di Saddam dispongono di una misteriosa e potentissima arma denominata “Il pugno di Dio”, un ordigno in grado di rovesciare completamente le sorti del conflitto. Nonostante l'incredulità dello Stato Maggiore, Martin riesce a infiltrarsi a Baghdad e a preparare un audace piano di sabotaggio.
Spionaggio, azioni dietro le linee, tanta tecnologia e spiegazioni da manuale nel più puro stile Forsyth. Ho letto tutti i suoi libri e questo è diventato subito il mio preferito perchè è avvincente, interessante e verosimile.
Consiglio vivamente la lettura di questo libro, sia per la parte puramente romanzata, ma anche per quella storica di ricerca, da ottimi spunti di riflessione su quello che era, ormai parliamo di una decina d'anni fa, lo scacchiere mediorientale.
Forsyth è un maestro indiscusso di questo genere.
Il ciclo dell'invasione di Harry Turtledove, lo scrittore statunitense nato a Los Angeles nel 1949 che è comunemente considerato un autore di allostorie, è una saga fantascientifica che è stata scritta tra il 1994 e il 1996 e ambientata nel corso della seconda guerra mondiale, mescolando elementi storici e ucronici al tema dell'invasione aliena.
Il ciclo è composto da quattro romanzi: “Invasione anno zero”, “Invasione atto secondo”, “Invasione atto terzo” e “Invasione atto finale”. Dopo il ciclo dell'invasione la storia prosegue, con un salto narrativo di 25 anni, con il “Ciclo della colonizzazione”.
La mia recensione, abbraccerà l'intera saga.
Siamo nei primi anni della seconda guerra mondiale. Una notte però appare sul cielo sopra il ghetto di Varsavia una luce. Tale luce rappresenta l'arrivo di una razza aliena giunta sulla Terra per conquistarla. Gli alieni sono una razza di rettili alti 150-160 cm, apparentemente evolutasi da piccoli carnosauri come i velociraptor anche. Basando i piani di invasione sulla propria storia, gli alieni hanno inviato sonde-spia sulla terra (a circa 12 anni luce di distanza) ricevendone immagini del nostro pianeta fra l'anno 1000 e il 1200... La flotta di invasione (dotata di armi paragonabili a quelle del ventunesimo secolo terrestre: bombe atomiche, carri armati con motori a idrogeno e cannoni iperveloci, sofisticati caccia a reazione) era stata calcolata per sopprimere in pochi giorni una resistenza fatta da cavalieri in armatura dotati di picche e spade.
I rettili invasori sono quindi letteralmente sconvolti quando ci trovano impegnati in un grande conflitto globale che vede l'uso di tecnologie marginalmente inferiori alle loro, sviluppate nei pochi secoli impiegati dalle loro navi per raggiungere la Terra. Inoltre, gli scienziati terrestri riescono a studiare e copiare alcuni esemplari di armi aliene catturate, causando improvvisi balzi in avanti della tecnologia terrestre.
La storia si sviluppa attraverso un numero notevole di personaggi, dai soldati terrestri appartenenti a tutte le forze in campo, agli alieni fino ad arrivare alle persone comuni. Le loro storie si intrecciano in un susseguirsi di rivelazioni, segreti, colpi di scena e grandi battaglie. Turtledove, nell'inserire l'elemento dell'invasione esterna, stravolgerà completamente lo sviluppo della storia come noi la conosciamo.
L'ucronìa è un tema della fantascienza che mi ha sempre entusiasmato e qui Turtledove, che è un maestro di tale pratica letteraria, dà il meglio di sè; molto ben congegnato, di un'originalità assoluta, per un'amante della storia alternativa questa serie è un must da leggereper la sua genialità.
Poi, sicuramente nella lettura ci si imbatte in delle carenze letterarie, come qualche lettore ha giustamente sottolineato, ma si sta parlando sostanzialmente in dei verociraptor alieni che invadono la Terra, non di un libro di Proust. Quello che vuole il lettore è, secondo me, essere trasportato in un'altra realtà parallela, che lo faccia divertire e questa saga ci riesce in pieno.
Un capolavoro di storia alternativa.
Della serie : “tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul telefilm culto degli anni novanta”.
Una guida agli episodi di X-Files con l'aggiunta di tante curiosità, aneddoti e tanto di riassunti delle prime due serie, immancabili anche le riviste, che sono una chicca per ogni vero appassionato.
Per appassionati.
Il ciclo dell'invasione di Harry Turtledove, lo scrittore statunitense nato a Los Angeles nel 1949 che è comunemente considerato un autore di allostorie, è una saga fantascientifica che è stata scritta tra il 1994 e il 1996 e ambientata nel corso della seconda guerra mondiale, mescolando elementi storici e ucronici al tema dell'invasione aliena.
Il ciclo è composto da quattro romanzi: “Invasione anno zero”, “Invasione atto secondo”, “Invasione atto terzo” e “Invasione atto finale”. Dopo il ciclo dell'invasione la storia prosegue, con un salto narrativo di 25 anni, con il “Ciclo della colonizzazione”.
La mia recensione, abbraccerà l'intera saga.
Siamo nei primi anni della seconda guerra mondiale. Una notte però appare sul cielo sopra il ghetto di Varsavia una luce. Tale luce rappresenta l'arrivo di una razza aliena giunta sulla Terra per conquistarla. Gli alieni sono una razza di rettili alti 150-160 cm, apparentemente evolutasi da piccoli carnosauri come i velociraptor anche. Basando i piani di invasione sulla propria storia, gli alieni hanno inviato sonde-spia sulla terra (a circa 12 anni luce di distanza) ricevendone immagini del nostro pianeta fra l'anno 1000 e il 1200... La flotta di invasione (dotata di armi paragonabili a quelle del ventunesimo secolo terrestre: bombe atomiche, carri armati con motori a idrogeno e cannoni iperveloci, sofisticati caccia a reazione) era stata calcolata per sopprimere in pochi giorni una resistenza fatta da cavalieri in armatura dotati di picche e spade.
I rettili invasori sono quindi letteralmente sconvolti quando ci trovano impegnati in un grande conflitto globale che vede l'uso di tecnologie marginalmente inferiori alle loro, sviluppate nei pochi secoli impiegati dalle loro navi per raggiungere la Terra. Inoltre, gli scienziati terrestri riescono a studiare e copiare alcuni esemplari di armi aliene catturate, causando improvvisi balzi in avanti della tecnologia terrestre.
La storia si sviluppa attraverso un numero notevole di personaggi, dai soldati terrestri appartenenti a tutte le forze in campo, agli alieni fino ad arrivare alle persone comuni. Le loro storie si intrecciano in un susseguirsi di rivelazioni, segreti, colpi di scena e grandi battaglie. Turtledove, nell'inserire l'elemento dell'invasione esterna, stravolgerà completamente lo sviluppo della storia come noi la conosciamo.
L'ucronìa è un tema della fantascienza che mi ha sempre entusiasmato e qui Turtledove, che è un maestro di tale pratica letteraria, dà il meglio di sè; molto ben congegnato, di un'originalità assoluta, per un'amante della storia alternativa questa serie è un must da leggereper la sua genialità.
Poi, sicuramente nella lettura ci si imbatte in delle carenze letterarie, come qualche lettore ha giustamente sottolineato, ma si sta parlando sostanzialmente in dei verociraptor alieni che invadono la Terra, non di un libro di Proust. Quello che vuole il lettore è, secondo me, essere trasportato in un'altra realtà parallela, che lo faccia divertire e questa saga ci riesce in pieno.
Un capolavoro di storia alternativa.
Il meglio di Asimov (The Best of Isaac Asimov) è una raccolta di dodici racconti di fantascienza di Isaac Asimov, con un'introduzione in cui l'autore presenta i singoli racconti. Uscì in Italia nella collana Oscar Fantascienza Arnoldo Mondadori Editore nel 1975, in due volumi con copertine dell'illustratore Karel Thole.
L'antologia è una raccolta di racconti più o meno brevi, e come dice anche l'autore nell'introdurre il libro: “Confesso che il titolo di questo libro mi lascia in dubbio. Chi dice che i racconti inclusi sono i miei migliori? Io? L'editore? Qualche critico? Qualcuno dei miei lettori? Lo afferma un referendum tra l'intera popolazione mondiale? E, chiunque lo dica... è mai possibile? Può il termine migliore significare qualcosa, salvo per qualche persona, in un particolare stato d'animo? Forse no...per cui, se permettiamo a questa parola di conservare il suo valore assoluto, qualcuno di voi potrebbe rimanere stupefatto da omissioni, o da inclusioni, oppure, non avendo mai letto niente di mio, potrebbe essere indotto a esclamare: Santo cielo, e questi sarebbero i suoi racconti migliori?Perciò sarò sincero con voi. Quelli che presentiamo sono rappresentativi per quanto lo consente una scelta oculata di buoni racconti (vale a dire quelli che piacciono a me e all'editore), e sono i migliori per quanto lo consente la necessità di scegliere tra i più rappresentativi.”
Anche se probabilmente nessuno può effettivamente dire in maniera oggettiva ciò che è migliore di qualcos'altro, possiamo sicuramente dire che questa è un'opera preziosa, il migliore punto di partenza per avventurarsi nel mondo fantascientifico di Asimov. Sono tutti ottimi racconti, e rappresentano con dovizia i tasselli che reggono tutta l'opera omnia dello scrittore, divisi in maniera chiara per argomento e data di pubblicazione.
Asimov per me rappresenta il sommo scrittore di fantascienza, per me nessuno è come lui, lo idolatro spassionatamente da quando ho cominciato a leggere i suoi libri da ragazzino e all'interno di questa raccolta ci sono perle come “Notturno”, uno dei racconti più famosi di Asimov a causa della sua trama particolare. È stato in seguito sviluppato in un romanzo omonimo scritto a quattro mani da Asimov e Robert Silverberg. Considerato il miglior racconto di fantascienza mai scritto narra di un pianeta sempre illuminato da diversi soli su cui scende la notte per la prima volta. Il racconto descrive le reazioni degli abitanti sia sotto un profilo religioso che psicologico. Oppure come “L'ultima domanda” che è il racconto preferito da Asimov perché lo scrisse di getto e senza apportarvi correzioni. È una interessante storia sull'entropia con un finale sorprendente.
E ancora troviamo una delle maggiori passioni di Asimov, inventore delle famose tre leggi: quella dei Robot con il racconto “Immagine speculare” in cui compaiono due dei personaggi più celebri di questo autore: Elijah Baley ed R. Daneel Olivaw e scritto per gli appassionati che speravano nella pubblicazione di un nuovo romanzo.
E ancora: “Profondità” con alla base l'idea della definizione di un'intelligenza aliena, diversa da quella umana, che sarà celebrata nel capolavoro, per me, nel libro “Neanche gli dèi”.
Insomma questo compendio è un ottimo punto di partenza, una finestra aperta sul cortile della sua sterminata piazza creativa, per farci un'idea di ciò che scrisse il maestro della fantascienza: cominciate da qui e non smetterete più.
La saga di “Battaglia per la Terra” scritta da L. Ron Hubbard, è composta da tre volumi: “Gli ultimi uomini”, “Il segreto rivelato”, “Confronto finale”; si tratta di una bellissima saga di fantascienza e vi prego di non fermarvi assolutamente sull'idea che potreste avervene fatto se avete visto quell'orripilante film con John Travolta e vi pregherei di la sciare da parte tutti i pensieri che avete su “Scientology”, che qui proprio non c'entra nulla.
La storia: Nel 3000 la Terra è stata conquistata da un bellicoso popolo alieno, gli Psychlo alla cui guida vi è lo spietato Terl. I pochi uomini rimasti, regrediti alla preistoria, sono costretti alla schiavitù dagli invasori, che per respirare l'aria della Terra (per loro insalubre) indossano speciali filtri all'idrogeno puro, che sul loro pianeta costituisce il 95% dell'atmosfera.
La Terra è un deserto desolato. Nelle cupole di otto impianti minerari sparsi per il globo i malvagi alieni Psyclo prosciugano le risorse minerarie del pianeta, di cui distrussero quasi totalmente la popolazione mille anni prima. I pochi sparuti resti di umanità si nascondono in villaggi e aree remote, una specie in pericolo, sull'orlo dell'estinzione.
Ma il terrestre Johnny Tyler, con la riscoperta delle antiche rovine del XX secolo (tra cui le biblioteche ove apprende la storia umana dimenticata, e gli arsenali nucleari con bombe ancora efficienti), riuscirà a guidare la rivolta degli uomini contro gli invasori.
Tutti e tre i libri appartengono alla vena d'oro della fantascienza, quella classica, le idee sono originali, ben sfruttate e il romanzo corre come un tutt'uno (impensabile leggerne solo uno, visto l'unicità della storia) verso un finale sorprendente. La scrittura di Hubbard si legge bene e diverte e non manca una certa vena satirica che lo scrittore svilupperà successivamente.
Se siete appassionati di fantascienza non potete certo non leggere questa trilogia che vi terrà incollati alle pagine per finire tutti e tre i libri in men che non si dica. difficilmente mi è capitato di leggere un altro così classico e ben scritto esempio di avventura/fantascienza di quel periodo meraviglioso che fu l'età dell'oro di questo genere letterario.
Consigliatissimo.
Questo libro che contiene i due romanzi “Lucky Starr e le lune di Giove” e “Lucky Starr e gli oceani di Venere” arriva direttamente dalla mia adolescenza, da uno di qui mercatini che i librai della zona facevano all'interno della mia scuola media, un appuntamento per promuovere la lettura nelle scuole; durante l'intervallo si poteva scendere nell'atrio, avvicinarsi ai banchetti e guardare i libri esposti, poi si segnava su un foglietto di carta i titoli che ci piacevano e si tornava a casa a chiedere il denaro per acquistarli il giorno dopo... era davvero un bell'appuntamento.
Comunque questo fu uno dei miei primi libri acquistati e dunque ha anche un potenziale affettivo enorme oltre al potenziale “spaziale” intrinseco. I due Lucky Starr, di questa raccolta sono due romanzi di fantascienza per ragazzi del 1954 di Isaac Asimov. Costituiscono il terzo e il quinto volume del ciclo di Lucky Starr, una serie narrativa di space opera avventurosa pensato da Asimov per un eventuale pubblico televisivo. È stato pubblicato in italiano per la prima volta nel 1962 col titolo Veleno per la Terra e ripubblicato anche col titolo David Starr il cacciatore dello spazio.
Va detto subito che questa serie è stata scritta come la sceneggiatura per un telefilm destinato ad un pubblico molto giovane e infatti il personaggio era nato con questo scopo, dunque non aspettatevi il solito buon dottore del ciclo delle fondazioni o anche le varie sfaccettature dei libri sui robot. Questo romanzo -e l'intera serie di Lucky Starr - è veloce, immediato, avventuroso e di immediata lettura. Questo romanzo è il primo di una serie cui fa da sfondo il sistema solare e che dimostra l'abilità di Isaac Asimov come scrittore di pura ed efficacissima avventura. Il paladino invincibile, il compagno sbruffone, gli alieni misteriosi, l'intrigo planetario, un giallo come trama e le solite meraviglie tecnologiche di Asimov.
Nel primo romanzo Lucky Starr, deve spingersi sulle lune di Giove. Uno scenario affascinante per un'impresa difficile, quasi disperata: un sistema planetario in miniatura all'interno del più vasto Sistema solare. Simile a una stella abortita che trascina dietro a sé uno stuolo di pianeti in miniatura, Giove giganteggia con la sua macchia rossa ai confini dello spazio, mentre Lucky Starr dovrà ancora una volta far ricorso a tutto il suo coraggio per sventare una terribile minaccia...
Nel secondo romanzo invece Lucky ci porta su Venere, il pianeta eternamente avvolto dalle nubi. Ma, come i lettori scopriranno ben presto, il mistero su cui il Vagabondo dello Spazio deve far luce non dipende soltanto da quella cortina naturale. No, negli oceani di Venere si cela un pericolo molto più concreto e mortale...
Il libro fa parte del ciclo “La fantascienza degli anni d'oro”, dove l'ambientazione richiama il western, con tutti i cliché del caso, arricchita dalla fantascienza ottimista degli anni in cui si stava guardando allo spazio come qualcosa di raggiungibile e forse colonizzabile.
Non male, semplice e divertente. E' adatto a chi si accosta per la prima volta alla fantascienza, con gli occhi di un ragazzo che ha voglia di avventure. Sicuramente leggerlo sarà un ottimo passatempo, tutt'altro che noioso se siete appassionati di fantascienza e se invece siete amanti fedeli del buon dottore, non dovete far altro che leggerlo.
Capitolo centrale della trilogia di Magdeburg, volume molto corposo con le sue 850 pagine; se nel primo abbiamo conosciuto i personaggi, in questo entriamo nella storia vera e propria con tutte le sue biforcazioni e sfaccettature. I personaggi si approfondiscono, la storia si infittisce. Mi è piaciuto anche questo secondo volume e credo che il terzo non sia da meno, ormai sono pronto per la cavalcata finale verso l'epilogo che sarà sicuramente gotico, devastante, apocalittico come nello stile di Altieri che rende la speranza vana, la gioia disperazione, il tutto in uno sfondo nero colorato dal rosso del sangue. Devo dire che questa trilogia mi ha preso parecchio. Un basso Medioevo che più fosco non si può immaginare.
Rispetto al primo risulta un po' più lenta la lettura, ma questo serve per chiarire tutte le dinamiche e i personaggi della saga. La narrazione si focalizza decisamente verso la parte più “belligerante” della storia e vede protagonista indiscusso Wulfgar che tuttavia, diventa sempre più misterioso per quanto riguarda la sua vera identità e sui suoi presunti legami con il principe Von Dekken. Adrenalinico il finale e la preparazione a quella che diverrà la battaglia finale di Magdeburg.
In attesa del terzo e conclusivo romanzo. Per avere un'idea della storia e una migliore comprensione della trama, vi invito a leggere la mia recensione sul primo capitolo di questa trilogia “Magdeburg, L'Eretico”.
Finisce con questo terzo libro la trilogia di Magdeburg, che regala una piccola sorpresa nel finale, mentre l'altro sviluppo della trama è facilmente intuibile.
Corposa trilogia questa che vanta all'incirca un 1700 pagine (posso consigliarvi di leggere le mie due precedenti recensioni “L'eretico” e “La furia”) che non sempre scorrono facilmente per via della scrittura molto particolareggiata di Altieri che usa tantissimi aggettivi ed espressioni particolarmente descrittive per tutta la durate dei tre romanzi.
Malgrado questa scrittura che ad alcuni potrà far storcere il naso, la storia è meravigliosa ed i personaggi descritti davvero in tutte le loro sfaccettature e caratteristiche; anche quelli “minori” sono ben tratteggiati. L'aspetto che più mi è piaciuto in questa trilogia è l'ambientazione (la guerra dei Trent'Anni, ndr) che viene mirabilmente dipinta davanti agli occhi del lettore con tratti apocalittici, gotici, grotteschi e a volte decisamente “duri”.
La storia scorre e si dipana davvero meravigliosamente e ci porta piano piano verso l'ineluttabile finale. Altieri riesce come sempre a creare scenari apocalittici, tra massacri e violenze assortite, sullo sfondo appare dominante l'eroe solitario e i suoi comprimari.
Mi sento però di consigliare la lettura ai solo appassionati dei romanzi storici o dei romanzi gotici, per via dei tantissimi riferimenti agli episodi e ai personaggi, realmente esistiti, fedelmente riportati della guerra dei Trent'Anni e per l'ambientazione cupa, crudele, nera.
Cornwell è per me uno di quegli autori che si comprano a scatola chiusa. Perché i suoi libri mi sono sempre piaciuti, soprattutto quelli del filone medievale. Quest'ultimo però mi ha deluso parecchio. Ho trovato la storia priva di veri colpi di scena e suspance a cui ero abituato ed un incremento di maciullamenti e sangue che secondo me vanno a rovinare un po' troppo la cornice del libro. Ci mancherebbe nessuno mette in dubbio che le battaglie della Guerra dei Cent'anni siano state così cruente, Cornwell è un vero storico e si documenta in maniera precisa quando scrive un romanzo, ma ho trovato eccessive la cacofonia di descrizione dei vari sbudellamenti, schiacciamenti, evirazioni e chi più ne ha più ne metta che hanno alterato il gusto del libro. Trovo inoltre che questo libro sia una versione edulcorata della trilogia dell'arciere anche se si svolge un secolo dopo dalla sopra citata. Edulcorata perchè sembra appunto una versione sbiadita della trilogia in versione pulp. Più sangue, meno storia insomma. La descrizione degli scontri, degli stati d'animo dei soldati, del campo di battaglia sono perfette e ricostruite in maniera eccelsa e infatti il libro sembra vivere in costante attesa delle due battaglie che si svolgono all'interno e il resto fa da contorno. I personaggi, per i fan dell'autore, sono fotocopiati dagli altri libri, le ambientazioni anche per non parlare della storia che è trita e ritrita: personaggio principale inguiato e infangato ma con tanta forza morale, peripezie varie del suddetto con affiancamento di giovane pulzella, cattivo di turno che ce l'ha a morte con tutti e due, riscatto finale e vissero felici e contenti). Insomma niente di nuovo sotto il sole. Aggiungo anche la mia fastidiosissima sensazione di disagio nel leggere che un santo continua per tutto il libro a parlare con il protagonista principale, indicandogli anche quando agire e come fare nel farlo. Questa volta non posso neanche dare la sufficienza a Cornwell e me ne dispiaccio molto.