Mi aspettavo qualcosa di bello, ma non di così bello. “Il complotto contro l'America” di Philip Roth è stato il mio primo romanzo dell'autore, e credo anche il primo di molti a venire.
Per me un capolavoro inaspettato, un'ucronia incredibilmente realistica in cui si immagina l'America fuori dalla seconda guerra mondiale e con un filonazista come Presidente.
Trovo straordinario il modo in cui l'autore abbia caratterizzato così bene i personaggi e i rapporti che li legano fra di essi. Ha un'immensa maestria nell'essere crudo nella descrizione di tutto quello che pensano, a partire dal protagonista, che in maniera autobiografica prende il suo nome (Philip Roth, appunto), ma secondo me non solo quello.
C'è tanto da apprezzare in questo libro: l'atmosfera cupa di questo quartiere ebreo di Newark che Roth dipinge con una precisione incredibile, il modo in cui ancora l'autore è bravo a collegare e descrivere fatti storici creando delle connessioni perfette fra le vicende familiari e quelle degli USA.
La lezione più grande che, a mio parere, Roth vuole darci con questo romanzo è semplice, ma sempre importante: nessun paese, neanche quello più libero a questo mondo, è completamente salvo dal giogo dell'antisemitismo, del razzismo, dell'odio verso il diverso, il più debole, del sospetto nei confronti della minoranza.
Elegia Americana è un completo viaggio nella mente, nelle tradizioni, nella cultura hillbilly e di una parte dell'America che conta - esattamente come la modernissima Silicon Valley, la luminosa New York, l'istituzionale Washington - e ci aiuta a capire molte cose di un paese che, di fatto, in ogni minuto condiziona le nostre vite.
J. D. Vance ha scritto un libro di memorie che è prezioso non solo da un punto di vista saggistica, ma aiuta anche ad indagare alcuni aspetti della nostra vita familiare. Mi è capitato, da italiano del Sud, di ritrovare tanti tick della famiglia di Vance in quella mia (l'ossessiva presenza di zii, nonni e cugini nelle vite di ognuno di noi, il pessimismo perenne e il senso di abbandono nei confronti dello Stato, il filo sempre sottile che congiunge un buon quartiere da un quartiere pessimo) e per questo di prendere qualche minuto in più alla fine di ogni capitolo per riflettere.
RECENSIONE COMPLETA: https://thebookadvisor.it/recensioni/segnalibri/elegia-americana-di-j-d-vance-recensione-libro
Un importante testo che riassume i “migliori” anni della storia tattica del calcio italiano. Da Sacchi, in poi, Emiliano Battazzi ha riassunto in comodi e ben scritti capitoli l'evoluzione della tattica calcistica nel nostro paese. Si arriva fino alla vittoria della nazionale italiana negli Europei di questa estate.
Un libro ben scritto, scorrevole, che utilizza tecnicismi ma senza essere pesante e ridondante, pieno di spunti per approfondire con gli articoli che lo stesso autore ha citato a fine libro.
“Teoria e pratica di ogni cosa” di Marisha Pessl è un libro che richiede un impegno notevole da parte del lettore, data la sua lunghezza.
Uno degli aspetti più distintivi del romanzo è la sua natura citazionistica. Ogni capitolo prende il titolo da un libro classico della letteratura, e il testo stesso è intriso di citazioni che emergono direttamente dalla “vivavoce” della protagonista. Questo approccio conferisce un'atmosfera letteraria e mette in evidenza il carattere colto e raffinato del personaggio principale, Blue.
Proprio Blue è il punto forte della narrazione. Nella cornice di personaggi non particolarmente memorabili, lei si distingue come l'unica interessante e anche la più colta e intelligente. La sua voce narrativa è affascinante e coinvolgente, e ci guida per tutto il tempo attraverso le sue esperienze e le sue riflessioni.
Un'altra figura cardine del romanzo è il padre di Blue, un accademico e professore che la coinvolge nei suoi viaggi attraverso l'America e che cambia spesso cattedra. Questa relazione padre-figlia contribuisce a creare una dinamica interessante e offre uno spunto per esplorare temi legati all'educazione e alla ricerca della conoscenza.
Nonostante le sue qualità, ho trovato il libro un po' sopravvalutato. La sua fama potrebbe essere stata amplificata dal fatto che per un certo periodo non era reperibile nelle librerie, generando un passaparola enorme sui social media. Personalmente, avrei preferito valutarlo in modo più obiettivo.
Inoltre, ho riscontrato un piccolo punto debole nel finale della storia. Dopo un'esperienza di lettura coinvolgente, il finale non è stato all'altezza delle aspettative, lasciandomi con un senso di insoddisfazione. Troppo netta la distinzione tra le prime 500 pagine e le ultime 200. Il cambio di ritmo è stato repentino e eccessivo, rendendo il passaggio da una parte all'altra del romanzo un po' brusco e disorientante.
In conclusione, “Teoria e pratica di ogni cosa” offre un'esperienza di lettura che richiede impegno e attenzione, ma una volta che si accetta il suo stile e ci si affeziona ai personaggi, è una storia coinvolgente seppur non indimenticabile.
Onestamente mi aspettavo molto di più, non è sicuramente ai livelli delle Cronache del Mondo Emerso, ma non è tanto la storia in sè per sè che va male, anzi quella è appassionante, ma la protagonista. Non si possono leggere 300 pagine di sensi di colpa, inutili piagnistei, depressione ecc. ecc...il primo libro comunque lascia tutto in sospeso, bisogna aspettare di leggere gli altri per dare una giudizio completo, ma comunque ripeto. Storia più che buona, personaggio principale (la povera Sofia), veramente scadente.
E' sempre piacevole leggere Camilleri e il suo Montalbano, soprattutto per un siciliano lontano da casa. Come al solito l'ho finito in due giorni (ormai mi ipnotizzo quando leggo Camilleri), la trama è solida, tutto sommato piacevole, non ai livelli dei primi ma è sempre da leggere. Il personaggio di Salvo Montalbano è decadente, capisce di essere agli sgoccioli, ma questa volta c'è meno spazio per l'introspezione. A me è piaciuto, se poi dovete cercare “il pelo nell'uovo” come ama dire Camilleri, bhe, fate pure.
Molto molto affascinante lo stile di questo autore svedese, che si aggiunge ai tanti bravi connazionali che, fin dal celebre Larsson, fanno tanto scalpore in tutta Italia.
Finalmente dopo le varie papardelle di Twilight e dei vampiri che sbrilluccicano qualcuno racconta una vera storia di vampiri, con tanta tanta emofilia (e con questo intendo amore per il sangue) e anche tanta eliofobia, però intrecciata con la storia di un povero adolescente vittima dei soliti bulli di quartiere. Una storia non solo Horror, ma anche di amicizia e di amore. Lindqvist è bravissimo a descrivere le scene più importanti, a rappresentare così bene i pensieri di creature che sono solo nel nostro immaginario.
Un bel romanzo di orrore, accattivante e coinvolgente. Non prende la quinta stella forse per il finale, un pò strano e sottotono.
“Il potere del cane” non è una lettura leggera, anzi il contrario. L'autore ha un modo di scrivere, asciutto, diretto, a volte crudele, ti entra veramente dentro e ti fa vivere questa immensa lotta contro il “male” in prima persona. Il libro sembra già scritto per essere sceneggiato, ogni vicenda (di finzione, ma evidentemente ispirata a fatti reali) è raccontata con minuziosità, si capisce che Winslow ha studiato e conosce bene la realtà del narco-traffico in Messico e in Colombia ed è bravissimo a raccontarne i retroscena, le ingerenze degli USA, i luoghi in cui si coltivano le droghe, le conseguenze che queste hanno sulle persone.
In questo panorama ogni personaggio che ruota attorno a questa grande guerra è descritto minuziosamente, forse è proprio questo che a volte rende la lettura troppo densa... ma il contraltare è il modo straordinario con cui Winslow scrive le scene d'azione. Veramente da maestro.
“Il potere del cane” è un libro per stomaci forti, un thriller che appassiona e fa riflettere, che mescola la concezione del bene o del male così tanto che alla fine è difficile capire quale dei protagonisti è veramente l'eroe e quale sia il mostro. Anzi, a dir la verità, sembra proprio che non si salvi nessuno.
È stato il mio primo libro di Din Winslow, e credo leggerò gli altri libri dell'autore volentieri, magari dopo una buona pausa... perché “Il potere del cane” lascia veramente il segno.
Molto erudito, Umberto Eco non cambia stile, affina ancora di più il lessico e dimostra una conoscenza della Storia, della Letteratura ma anche delle minuzie dei vecchi tempi assolutamente incredibile. Il romanzo comincia in maniera lenta, finisce in maniera lentuccia, la vicenda non è proprio entusiasmante, il personaggio principale è molto originale e sicuramente indimenticabile. Simonini cavalca il XIX secolo partecipando quasi casualmente a tutti gli eventi più importanti, ma è ovvio il tema principale: l'odio verso gli ebrei, nato non solo da una testa malata (quella di Hitler) come pensano tutti, ma da un antisemitismo che dilagava in tutta Europa.
Piacevole ma non indimenticabile.
Si legge come un “Camilleri”, ha la trama semplice, lineare, il protagonista è totalmente lontano dai soliti schemi. Mi ha sorpreso in positivo, gran bel libro :)
“Il libro del sangue” di Matteo Trevisani mischia con grande efficacia fiction e auto-fiction. La biografia di autore e personaggio, si confondono in un gioco di specchi, così il libro racconta di Matteo, scrittore appena diventato padre, ossessionato dagli alberi genealogici e dalla convinzione che la propria famiglia è perseguitata da una specie di maledizione, che fa morire tutti i primogeniti affogati.
Per sfuggire alla maledizione decide di fare un enorme “viaggio nel passato”, affidandosi alla genealogia, disciplina che si occupa dell'origine e della discendenza di famiglie e di stirpi, e facendosi aiutare in questa ricerca da Alvise e Giorgia, padre e figlia, altrettanto ossessionati dalla materia.
Il romanzo ruota intorno all'occulto, è pieno di segreti spesso connessi fra di loro e presenti nel passato. Il modo in cui è scritto (con continui salti temporali) potrebbe disorientare molti ma a me ha dato uno strano effetto di assuefazione, tanto che le 200 pagine sono veramente volate.
Come spesso accade a queste storie, però, non è tanto la trama il senso di tutto, ma il senso che diamo alla storia e alle vicende. Secondo me Trevisani ha scritto un libro molto bello da leggere per un genitore, un padre in particolare. “Il libro del sangue” infatti parla della responsabilità del genitore nei confronti del figlio, delle colpe che si porta addosso pensando di “passare” al proprio figlio i propri difetti, i propri tormenti, le proprie maledizioni, appunto.
Una lettura particolare, forse un po' pomposa, ma di certo originale.
Atteso per anni, discusso ancor prima di essere stato pubblicato, è arrivato anche in Italia “Yoga”, l'ultimo romanzo di Emmanuel Carrère, uno dei più rilevanti ed importanti autori del palcoscenico europeo.
“Yoga” è un romanzo autobiografico, che segue più o meno la stessa scia del suo splendido “Vite che non sono la mia” e di “Romanzo russo”, e narra di fatti avvenuti quindi principalmente all'autore.
Tutto il romanzo segue la stessa struttura. Tanti piccoli capitoli che fanno parte di capitoli molto più grandi che parlano di un particolare periodo della vita recente del francese. La prima parte del libro è dedicata alla funzione originaria di questo scritto. Carrère stesso confessa di aver avuto in mente di scrivere un opuscolo, un'opera minore, dedicata allo yoga e alle varie tecniche di meditazione. Per farlo praticamente si “infiltra” in una sorta di comune, un evento lungo 10 giorni, in cui uomini e donne vengono divisi, non sono a contatto con tecnologie e mondo esterno, e devono meditare praticamente tutto il giorno in enormi spazi comuni.
In questa prima parte Carrere parla moltissimo di sé, del motivo per cui si è approcciato alla meditazione, e gli scritti seguono molto il flusso dei suoi pensieri.
Per lunghi tratti ci si chiede dove sia il narratore cinico e realista de “I baffi” o “La settimana bianca”, o il giornalista che scrive un reportage storico incredibilmente ambizioso come in “Limonov” o indaga sul un delitto efferato come in “L'avversario”. L'effetto che potrebbe avere sul lettore, a primo acchito, potrebbe essere di repulsione. Se non si è interessati ai temi le pagine scorrono lentamente e con poco interesse.
Abbandonare il libro dopo le prime canoniche 100 pagine sarebbe però un errore, perché Carrère le usa principalmente per dare un contesto al tutto. Le riflessioni sulla sua breve esperienza di meditazione nel “recinto” della Vipassana nascondono sempre il lato più oscuro e intenso del carattere di questo straordinario autore. Sappiamo, leggendo, che prima o poi succederà qualcosa di strano che farà scoppiare il libro, e quel qualcosa è l'attento alla redazione di Charlie Hedbo.
Carrère viene avvisato dell'attentato da uno degli organizzatori della meditazione di gruppo ed autorizzato ad uscire, per leggere un discorso al funerale di una delle vittime, Bernard Verlhac, amico dell'autore del libro. Uscire fuori dal mondo ovattato e appunto, recintato, del Vipassana, per immergersi nel caos post-attentato crea uno shock nella psiche di Carrère. Per la prima volta dopo 10 anni di vita normale, persino felice, l'autore francese sprofonda velocemente in una terribile depressione, ed è qui che comincia la parte centrale di “Yoga”, qui che torniamo a riconoscere Carrère.
Dal manicomio ad un'isola sperduta della Grecia, seguiamo così l'autore nei meandri della sua mente, leggendo i suoi aneddoti brillanti, riflettendo con lui su alcuni aspetti della vita che prima non riuscivamo a mettere a fuoco con prontezza, ci immergiamo nella storia della sua malattia, ma anche nella storia di una relazione segreta e intensa con una donna, per poi chiudere con un intenso racconto di una sua esperienza su un'isola greca (utilizzata come hotspot), a contatto con i migranti, le loro storie e le crudeltà che hanno affrontato per arrivare in Europa.
“Yoga” non è certo il libro migliore per cominciare ad approfondire le opere di Emmanuel Carrère, ma per chi ha già avuto un'esperienza con i libri dell'autore è un tassello importante per conoscere alcuni aspetti della vita di questo straordinario narratore.
Nelle sue opere Carrère ha messo qualcosa della sua vita e della sua esperienza pian piano, per poi passare direttamente al romanzo autobiografico. Se sentite repulsione verso questo genere allora “Yoga” non sarà di facile lettura, inoltre le vicende editoriali che hanno visto il romanzo al centro di una lite con l'ex moglie dell'autore (e di una censura) lo rendono zoppo in alcuni passi (come ammesso dallo stesso Emmanuel).
Resta però in “Yoga” la straordinaria capacità dell'autore di tenere incollato alle pagine il lettore con la sua prosa brillante e diversa da tutte le altre, con le sue riflessioni argute, e la struttura del romanzo lo rende una piacevole lettura, frammentata ma comunque intensa.
La storia del percorso di crescita, personale e politica, delle due personalità più importanti degli Stati Uniti d'America, qualche settimana dopo il loro insediamento. Francesco è perfetto nella scrittura, il libro si legge nel giro di un paio di giorni, e da una grossa mano ai meno informati a farsi un'idea di chi siano Joe Biden e Kamala Harris. La cosa migliore del libro è il come le loro vite si intreccino con le vicende più importanti degli Stati Uniti dagli anni ‘70 in poi, e quindi la lettura non è mai pesante, perché non sono due noiose biografie messe a confronto, ma due protagonisti di una lunga storia.
Secondo me si legge bene anche come una sorta di sequel del primo, che raccontava pezzi di America e spiegava come gli States fossero arrivati alla presidenza Trump.
Ho avuto timore a comprarlo, l'ho tenuto in libreria per più di un mese, mi attirava ma avevo paura di cominciarlo
Poi è arrivato il giorno in cui l'ho aperto, e 5 giorni dopo sono qui, dopo averlo finito, sconvolto e attonito
“La città dei vivi” di Nicola Lagioia racconta il delitto Varani con una ricchezza di dettagli infinita, che quasi straborda nell'eccesso. Di certo non mi sono trovato a mio agio con alcune parti del libro, mi sono chiesto spesso il perché si dovesse indugiare così tanto su alcuni aspetti esterni al delitto, perché pubblicare parti della vita di Luca che non c'entrano con tutto questo... Ma in fondo bisogna accettare l'opera per come l'autore l'ha concepita
E poi nello sfondo c'è lei, incontrastata protagonista: Roma. Ma non la città eternamente fatta di luce e arte, ma il suo lato più oscuro e nascosto, quello che molti di noi non conoscono ma che la sta cambiando da dentro, di giorno in giorno
È un libro scritto fin troppo bene, quasi demoniaco nella sua parte centrale, quando si scende nell'abisso dell'analisi dell'efferato delitto e non si risale più.
Un libro pieno di interrogativi, che principalmente rivolgiamo a noi stessi.
☀ L'atmosfera in cui ti fa precipitare fin dalle prima pagine L'estate che sciolse ogni cosa è semplicemente assurda e non lascia scampo. Mi sono sentito letteralmente intrappolato nel caldo di Breathed, e ho divorato ogni singola frase come se fosse l'ultima che stessi leggendo.
L'autrice scrive in maniera veramente particolare, per qualcuno è forse pure troppo arzigogolata, per me è semplicemente perfetta. Ho l'abitudine di sottolineare le frasi che mi piacciono di più... qui ho capito praticamente da subito che sarebbe stato inutile farlo, perché c'era da sottolineare un libro intero!
Si parte con il grosso amo che lancia la trama: il Diavolo viene invitato dal padre della voce narrante in questa piccola città dell'Ohio, e si presenta nella forma di un piccolo ragazzo di colore... da lì in poi si scatenano una serie infinita di eventi che giocano con le nostre sensazioni. È o non è lui veramente il diavolo?
La McDaniel in questo piccolo capolavoro parla di pregiudizi, di come si avvinghino alle anime delle persone (che hanno sempre bisogno di capri espiatori per i loro problemi), di come possano trascinare una comunità come un fiume in piena e infine di come possano portare a tragedie incredibili. Insomma... parla di come il diavolo in fondo sia nascosto dentro ognuno di noi.
Una lettura divertente ma non indimenticabile. Il resoconto dei viaggi dell'autore nella California della Silicon Valley, probabilmente la zona più evoluta e moderna del mondo, quella in cui hanno sede Apple, Facebook, Twitter, Uber, LinkedIn e praticamente tutti i social e le realtà che condizionano le nostre vite.
Il libro è diviso per comodi capitoli che raccontano esperienze diverse, sono strapieni di aneddoti e di opinioni dell'autore. Si oscilla facilmente, però, fra un capitolo che parla del fondatore di Uber ad un capitolo molto meno interessante che magari parla degli autobus di San Francisco. A volte ci sono così tanti nomi e così tanti neologismi in una frase che ci si perde e bisogna rileggere, per poi prendere lo smartphone e cercare qualcosa per provare ad orientarsi
Probabilmente Masneri sapeva che avrebbe letto questo libro chi ha una conoscenza media delle realtà tecnologiche moderne, ebbene io che mi sento in questa fascia ho comunque avuto difficoltà.
Una lettura che ho trovato affascinante a tratti, soprattutto per alcune storie che svelano retroscena assurdi sulla nascita di aziende importantissime, soprattutto per come svela la verità dietro la grande patina dorata californiana... ovvero, la California è tutt'altro che un paradiso per Nerd, viverci è quasi impossibile, e pur trovando lavoro rischi di dover poi stare in una roulotte o addirittura in tenda.
In poco più di 250 pagine Daniele Manusia racconta cosa è il romanismo, lo fa raccontando la storia del più grande romanista della storia.
Un viaggio nei ricordi per chi, come me, ha di fatto vissuto tutta la carriera del 16 giallorosso, immagini che tornano nitide quando si parla del primo De Rossi, e che vengono cristallizzate ancora di più nella memoria quando invece si parla di tempi più vicini ai nostri. Più si avvicina la fine della narrazione, più si sta male, pensando a come è finita, ma soprattutto più si prova orgoglio.
Un libro che ogni tifoso della Roma deve conservare gelosamente, forse rileggere di tanto in tanto, per rispolverare la memoria e ricordare a se stesso cosa voglia dire essere della Roma
Prima di leggere questo libro pensavo che quello che provo io per la mia squadra (la Roma), quello che sento ogni volta che vado allo Stadio, il felice momento in cui la palla entra in rete e tu esulti come se tutto dipendesse da quell'attimo, peggio ancora il momento in cui sei fuori da una finale di Coppa, o dai addio ad ogni velleità di prima classifica, si, pensavo che non si potesse scrivere in un libro, che nessuno ci sarebbe mai riuscito.
Poi ho letto Febbre a 90°, non ho trovato nulla di nuovo in quello che dice l'attore, sono tutte sensazioni che ho provato e che provo oggi e proverò per sempre. Ed è proprio questo il bello, ho trovato qualcosa che mi giustifica; giustifica il fatto che sono più triste quando la mia squadra perde il Derby piuttosto che quando muore una zia lontana; giustifica perché sarei disposto a far di tutto pur di poter veder vincere la Coppa dei Campioni alla mia squadra piuttosto che trovare lavoro; giustifica persino perchè una vittoria al 93esimo in rimonta è meglio del sesso. Insomma, giustifica cose che delle persone calcisticamente normali catalogherebbero come frutti di una mente folle.
Invece no, “Febbre a 90°” è la Bibbia del malato calcistico, un must per chi ama il calcio, è un libro da esibire come si esibisce la patente fermati a un posto di blocco. Quando vi chiederanno: “Ma perchè fai tutte queste cose per il calcio? Io non ti capisco” allora potrete dir loro di leggere Hornby.
Emmanuel Carrère finirà per essere l'autore che ho letto di più in questo 2020, nonché una delle cose migliori di questo anno orribile. Nel giro di 3 giorni ho divorato “I baffi”, un inquietante e magnetico libro che scrisse nel 1986.
Totalmente distante dallo stile di “Limonov”, qui un po' Hitchcock, un po' Pirandello, l'autore prende spunto da un fatto banalissimo (il protagonista si toglie i baffi, che ha sempre avuto) per far sprofondare il lettore in una spirale di eventi semplicemente incredibile e per conseguentemente indagare sull'animo dell'essere umano, sempre pronto a vedere complotti e congiure dietro l'angolo
Non è il mio preferito di Carrère, ma è sempre d'impatto, è da leggere per le solite domande che ti frullano in testa quando lo leggi. Cos'è la verità? Fino a che punto la menzogna può celarsi? Chi è il protagonista? Chi sono io?
Il finale poi... Beh, perfetto.
Un libro che ti apre letteralmente un Mondo, scritto in maniera veramente leggera e allo stesso tempo esaustiva. Speravo mantenessi il tuo livello nel saper intrattenere informando bene (come nel podcast) anche su carta, in effetti è così. Stra-consigliato anche a chi non ha mai sentito Da Costa a Costa (e deve recuperare assolutamente)...
Sono ore, minuti, secondi, che cerco aggettivi per definire quanto sia incredibilmente indefinibile il modo in cui scrive Chuck Palahniuk. Alla fine ho trovato un aggettivo: “indefinibile”
Ho letto questo libro attratto da una breve recensione letta sul web. Il ragazzo che recensiva scriveva: “Lo leggo e lo rileggo perché non mi capacito di quanto sia assurda questa storia”.
Sarà stata la lettura recente di alcuni capolavori di Emmanuel Carrére, o del grande Truman Capote e il suo indimenticabile “A sangue freddo”... ma questo libro non mi ha convinto del tutto.
In effetti si parla di un fatto di cronaca nera veramente avvenuto, si parte subito annunciando che il protagonista del libro morirà (non potrebbe essere altrimenti, visto il titolo del libro), ma per il resto non ho visto niente di sconcertante. Tolti alcuni passi particolarmente crudi che riguardano l'autopsia, il sentimento che più mi ha preso durante l'esperienza di lettura è stata la tristezza.
La tristezza per il fatto che il protagonista fosse un uomo condannato a morte, un deadman walking a tutti gli effetti, e tutti gli abitanti del borgo in cui è ambientata la storia sono a conoscenza di questa tragedia incombente, ma fanno poco o niente per impedirla. La tristezza per il fatto che fosse normale uccidere un uomo per un delitto d'onore, quando sono cresciuto con la convinzione che non ci sia niente di onorevole nell'uccidere qualcuno.
Si arriva alla fine del libro come più o meno si fa lo stesso tragitto la mattina quando si va al lavoro... automaticamente e da automi.
Di certo salvo e conservo con me il modo di scrivere di Marquez, per questo leggerò più avanti qualcosa dell'autore. Ho amato il modo in cui descriveva le sensazioni dei personaggi utilizzando un linguaggio onirico e il suo modo di vedere le questioni sociali del Sudamerica con un passo avanti enorme.
Nella notte fra il 18 e il 19 gennaio 2011 a Pornic, una piccola città francese sulla costa della Loira Atlantica, Laetitia Perrais, una giovanissima ragazza, viene rapita ed uccisa. Il fatto di cronaca sconvolge una parte di Francia povera e lontana dalle bellezze della capitale Parigi, o dalle eleganti Lione e Bordeaux.
Jablonka, tuttavia, decide di non seguire il delitto di Laetitia in maniera lineare, parlando solo delle indagini, dei sospettati, del crimine in sé per sé, ma sceglie di andare a ritroso nella vita della giovane assassinata, e della sorella gemella, Jessica, che è ancora in vita.
Continua a leggere la mia recensione su BookAdvisor: https://thebookadvisor.it/recensioni/laetitia-di-ivan-jablonka-recensione-libro/
Di tutti quelli letti fin ora, è il più deludente. Noioso, preparatorio più che altro. Non c'è nessuna grande svolta nella trama, tranne per quello che succede nelle Isole di Ferro!
Un commovente, a tratti tragico, incredibilmente crudo, affresco della vita di una giovane ragazza di colore, nell'epoca subito seguente all'abolizione della schiavitù. Un viaggio nel sud degli Stati Uniti d'America razzisti, ma anche un viaggio all'interno della cattiveria e della crudeltà dell'essere umano. Credo sia indispensabile, di questi tempi.