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Che cosa siamo noi veramente? Creature che uccidono per passione o scimmie nude schiave di un determinismo cieco? In un finale che lascia senza fiato, la poliziotta sarà obbligata a decidere definitivamente da che parte schierarsi. Giovane e determinata, Sabina, commissario di polizia a Roma, si trova a destreggiarsi tra la tormentata passione per un PM sposato e un caso di omicidio-suicidio tra coniugi che non sembra rivelare troppe sorprese. Finché i sospetti non ricadono su un uomo con cui entrambe le vittime hanno avuto contatti il giorno della morte: il misterioso Nardo Baggio, operatore Shiatsu. Profondamente colpita da questa figura ambigua e magnetica, Sabina scoprirà di lì a poco la sua reale attività: dare supporto alle vittime di stalking, soprattutto coloro che le istituzioni non riescono a tutelare. La poliziotta non si aspetta certo di dover ricorrere lei stessa al suo aiuto: nel frattempo qualcuno ha iniziato a perseguitarla, in maniera subdola e cruenta. Che si tratti del PM con cui ha chiuso bruscamente la relazione? Rimossa dal suo incarico, Sabina diventa ben presto complice e amica di Nardo, arrivando ad affiancarlo nella sua attività. Così toccherà con mano la scaltrezza con cui l'uomo, basandosi su studi antropologici, domina la mente di vittime e carnefici, con metodi tutt'altro che convenzionali in grado di assicurare un'efficacia che un poliziotto, imbrigliato nelle disfunzioni del sistema, non può nemmeno sognare. Ma è giusto fidarsi di questo predatore di anime? Sabina rappresenta la legge, Nardo la viola, sistematicamente, in nome della giustizia. Sabina si fa guidare dai sentimenti, Nardo invece non crede alle passioni né all'amore, spiega tutto alla luce di istinti millenari che ancora ci legano ai comportamenti delle scimmie, degli umanoidi che siamo stati e che, secondo lui, ancora, in gran parte, siamo.
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[Quando faccio riferimenti a pagine, mi riferisco alla prima edizione del gennaio 2021]
È stata una lettura dura, complicata a tratti, perché quel che doveva essere un thriller non lo è stato minimamente. Se non contiamo il fatto che era chiaro già dal principio chi sarebbe stato il colpevole, visto che è scritto sulla copertina, si sarebbe capito comunque, visto che Nardo non sembra essere stato creato con l'intento di avere un criminale mastermind, ma solo per avere una storia d'amore con la protagonista, Sabina Mondello.
Prima di parlare della storia di per sé, ho notato che il testo tende a passare spesso, anche nella stessa frase, dal passato al presente e le virgole, in alcuni punti, mi sembrano buttate un po' a caso (potrebbe essere un problema di chi ha corretto il testo, e non dell'autore stesso). Ci sono anche un sacco di “quindi”, quando potrebbero benissimo essere tolti e la frase avrebbe lo stesso senso (“Marisa aprì la chat, abbastanza calma, quindi scoppiò a ridere [...]”).
Tutta la storia si basa sulla presunta abilità di Sabina nell'essere una brava poliziotta, ma non viene mai mostrata questa abilità. Personalmente, preferisco il “show, don't tell”, ma, in questo caso, ci viene solo detto ripetutamente che Sabina sia la migliore (con tutti che le vanno dietro per questo, come se fosse l'unica donna capace).
Ho trovato anche vari stereotipi femminili (“soliti battibecchi tra donne”) e una strana esaltazione maschile (“era davanti a una mente superiore”) anche se i protagonisti maschili non fanno nulla di ché e Nardo non ha nessuno tipo di fascino speciale. È abbastanza neutro. Viene presentato come un uomo totalmente diverso da quello che appare al lettore. Avendo letto varie storie dove gli autori si inserivano come protagonisti, mi dispiace dirlo, ma sembrava un self-insert.
Su Nardo potrei scrivere un tema intero, visto che non capisco il progetto dell'autore su questo personaggio. Fa dei discorsi assurdi e senza senso, si comporta in modo strano e viene trattato come un Dio (“sultano”, “«Mangerei anche merda, Nardo, se tu me lo chiedessi, lo sai.»”, “Nardo era uno dei pochi uomini della Via Lattea capace di chiedere scusa, per di più con sincerità”). È fastidioso come personaggio ed è discutibile il suo ruolo in quanto protettore di “donne indifese” , perseguitate da altri uomini con cui hanno avuto relazioni. La domanda, che mi sono posta più volte, è “perché dovrebbe essere un maschio a proteggerle da altri maschi, quando sono i maschi il problema?”.
I suoi monologhi sulle “scimmie nude su un campo verde” mi irritano anche oggi, dopo quattro mesi dall'aver letto questo libro, perché non hanno un filo logico e ignorano una sacco di attributi umani, per non dire l'evoluzione umana in generale. Ci sono pagine e pagine di Sabina e Nardo che parlano di animali e dei loro comportamenti, come se fossero umani, ma non riesco a capire niente, da quanto è assurdo. Ci sono momenti in cui vengono messi in discussione anche i diritti umani, perché, secondo Nardo, è solo l'uomo che si complica la vita.
Ed è solo maschilista pensare che la parola “fidanzata” sia sinonimo di “una donna cui delegare la pulizia del mio pavimento, la stiratura delle mie camice o qualcosa del genere” oppure trattare Sabina come se non potesse ragionare da sé (“«Non male ragazza, un po' confusionario, ma così, su due piedi, non potevo sperare in nulla di meglio.»”). Anche Sabina sembra avere una misoginia interiorizzata, visto come si riferisce ad altre donne. Presumo, quindi, che sia la visione dell'autore proiettata sui suoi personaggi, perché ci sono certe uscite talmente disgustose, come il fatto che le donne usano più social degli uomini perché vogliono lanciare messaggi sessuali (ha la stessa retorica del dare la colpa ai vestiti delle donne, se vengono stuprate).
Un'altra cosa che non capisco è la canzone appiccicata nel testo a pagina 171, considerando che è solo un'inutile filler. Se voglio leggere i testi di canzoni, non rilevanti alla storia, vado su Musixmatch.
Rispetto al discorso della religione che c'è stato, non mi ricordo molto, ma ho scritto a fianco ad alcune frasi “kys, die ( entrambi riferiti a Nardo), useless, let people have their religion”, quindi, immagino nulla di buono.
Oltre questo, ho trovato un paragrafo a pagina 252 che aveva un sottotono razzista nella mia opinione, visto che viene descritto un ragazzo marocchino seguendo gli stereotipi tipici degli immigrati. Non solo questo. Questo personaggio, rispetto a molti altri, è stato approfondito in ogni dettaglio negativo possibile anche nelle pagine successive. Capisco il senso di dover scrivere un maschile violento al fine di avere Nardo come supereroe, ma nel paragrafo viene fatto esplicitamente riferimento alla sua etnia come il problema o la soluzione al fatto di essere un criminale, ma di non finire in prigione, anche se persone di pelle non bianca vengano prese di mira e solitamente hanno sentenze più aggravate di coloro di pelle bianca per gli stessi crimini.
Ho chiesto un parere alla migliore amica, dato che lei è marocchina, e mi ha riferito: “Ci sono modi e modi per descrivere la gente, anche quella cattiva, ma questo modo era basato su idee abbastanza razziste” e l'è sembrata l'ennesima persona presentata con lo stereotipo negativo e, poi, con il nome.
Passando alla storia di per sé, non era interessante, non riuscivi a starci ore a leggerla, perché non si concentrava sull'indagine, ma su questa noiosa relazione tra i due, che era piuttosto forzata, nella mia opinione. Non avevano alcuna chimica, non mi sembravano innamorati, come l'autore voleva intendere. Erano solo due persone che parlavano. Sentivo anche una specie di imbarazzo di seconda mano da certe scene tra di loro. Anche il flirt era insipido. Devo fare una speciale menzione a “due fanali incastonati negli incavi oculari” e “mio marinaio” (che ho cancellato a matita ogni volta che lo trovavo, insieme a “mia dama” e “mio capitano”), perché se fino ad adesso tutto era privo di romanticismo, questo portava tutto a un altro livello: tre metri sotto terra. Un'altra scena che mi ha fatto “cringiare” è stata a pagina 230, quando Sabina ha indovinato da dove proviene una citazione e ha chiesto come ricompensa un bacio. Non suona male, quando la descrivo, ma lo scambio di battute e lo setting era orribile.
Onestamente, odio come la qualità professionale di Sabina (essere una poliziotta) si sia annullata completamente, come se una settimana dall'aver conosciuto un ragazzo abbia eliminato anni e anni di lavoro. Il caso dell'animale di Sabina ucciso è passato in secondo piano per colpa di Nardo, così come il caso principale in cui è un indiziato. Tutto nel cestino dopo pochi capitoli, che mi risulta essere inverosimile. Per non parlare che in situazioni tipiche in cui si trovano i poliziotti, Sabina si sentiva in ansia come se fosse la prima volta. E si è ricordata di essere un dirigente della polizia di Stato per un secondo, a pagina 212, per poi dimenticarlo, visto che nell'inseguimento in cui si trovava sembrava essere caduta da un pero. Anche su Sabina potrei scrivere molto, perché neanche su questo personaggio non è chiaro il progetto, visto che a pagina 246 esce fuori che le piace truccarsi, quando non l'ha fatto una sola volta, e ha delle amiche, a quanto pare?
Ho apprezzato l'inserimento di un personaggio queer, Carmen, perché sembrava anche l'unica che ragionasse. Sarà apparsa poche volte, ma è l'unico personaggio che mi sta simpatico e di cui avrei voluto sapere di più. Approvo anche un'azione di Vasile, quella di aver accoltellato Nardo, per il resto rimane un pezzo di merda.
Concludo, riportando delle frasi scritte da me nell'ultimo capitolo, in cui i due protagonisti si incontrano per rivelare che Nardo è l'assassino dell'omicidio che nessuno si è cagato per 300 passa pagine: “Sembra che l'autore non sapesse come continuare la storia, quindi l'ha troncata con ‘sta cosa”, “L'autore avrebbe potuto togliere parte dei discorsi inutili e inserire l'indagine, piuttosto che raccontarla così”, “Che libro di merda”.