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Edizione di riferimento: maggio 2022.
Mi sembra giusto ringraziare l'autore per avermi spedito il libro e voglio assicurare che ciò non abbia influenzato la mia opinione in alcun modo (anche se mi sembra ovvio).
Prima di iniziare, ed è una cosa che non ho tenuto in considerazione nell'ultima recensione, perché, ovviamente, non va a modificare il voto in alcuna maniera: entrambe le copertine sono belle. Mi piace il rilevo e l'armonia dei colori. Sono memorabili.
Purtroppo, però, non è cambiato il fatto che eventi importanti che accadono vengano esplicitati su di esse. Se non direttamente dietro, sull'aletta anteriore. La seconda parte della trama scritta lì, in cui si parla di Nardo, dei Beatles e della Manson Family, va a eliminare parte dello stupore che dovrebbe esserci nel venire a sapere di questi collegamenti e della sua comparsa. Non sei lì che ti domandi: “che cosa scopriranno?”, ma: “quando arriverà quella parte?”. Elimina parte del processo investigativo che ritengo la parte fondamentale di qualsiasi thriller. Capisco che questa aggiunta sia dovuta dal fatto che la storia si alterna tra il punto di vista di Sabina e quello di Nardo, ma continuo a pensare che sia stato uno spoiler , che ha tolto molto.
Un altro aspetto della trama è che Nardo viene presentato come un genio diabolico ed è difficile, per persone come me, che non hanno avuto quella opinione su di lui durante il primo libro, credere a ciò.
Passando, poi, alla struttura generale del libro: i capitoli corti non mi danno particolarmente fastidio, ma quelli di una paginetta, due facciate (6, 16, 31, 25, 36, 40, 63, per esempio; non l'1, perché è l'introduzione alla situazione, che è piuttosto comunque anche in altri libri, come quelli di Dan Brown) mi hanno lasciato un po' l'amaro in bocca, perché avrebbero potuto esplorare la situazione presentata in modo più approfondito.
Il caso di cui si occupano Sabina e Nardo è decisamente più considerato in questo libro, il che è positivo, visto che è un thriller e non una biografia di Nardo o un romanzo rosa.
Tuttavia, non mi ha preso assolutamente. Non solo per il fatto che sapevo già gran parte dei dettagli importanti, ma, personalmente, i Beatles non mi interessano; perciò, leggere e leggere pagine su di loro mi ha annoiata particolarmente. Non dico che i collegamenti siano stati forzati o altro, perché non mi sembrava, però non c'è stato nulla che mi esaltasse o mi rimanesse dopo aver scoperto tutto quello, che è dovuto a una problematica, ovvero il modo di presentare le informazioni relative al caso: troppe in una sola volta, a tal punto che risulta difficile memorizzarle tutte e tenerle in considerazione per collegamenti futuri.
Il capitolo 24, in cui Morellini va a parlare con Paco Sperandeo, è troppo carico. Mi sono persa a metà, mentre leggevo, e i dettagli rilevanti al caso si sono completamente vaporizzati dalla mia memoria. Mi sono ricordata solo che il 9 e i numeri le cui cifre sommate fanno 9 sono importanti, ma non il perché.
Avrei preferito, piuttosto, se non ci fosse stato il capitolo, ma Morellini avesse seminato queste informazioni nelle discussioni con Sabina o con altri poliziotti che avrebbero riferito il tutto a Sabina. Avrebbe permesso di tenere a mente ciò che è rilevante e sarebbe stata Sabina a ricercare i collegamenti. Inoltre, penso che avrebbe aiutato anche ad aggiungere di più alla dinamica tra Sabina e Morellini.
Avrei preferito anche che i collegamenti delle morti con i Beatles fossero stati scoperti da Sabina e Nardo ASSIEME, ragionando, lavorando così sulla loro chimica, mostrandola magari, ma no, come sempre, è Nardo che porta tutto a Sabina su un piatto d'argento. Anche in questo caso, quando Nardo parla del legame alla Manson Family, le informazioni vengono buttate addosso al lettore, senza dargli il tempo di masticarle. È letteralmente un monologo di Nardo, con qualche interruzione irrilevante da parte di Sabina.
Il modo in cui il narratore rivela le informazioni finali e cruciali è abbastanza anti-climatico. Nonostante io non approvi il fatto che sia Nardo a fare tutto, perché non farlo rivelare a lui, comunque, e non alla voce imparziale del narratore? Sabina poteva contattarlo e dirgli di avere scoperto certi fatti e lui le dava ragione, dicendole di esserci arrivato anche lui, affiancato da uno scambio di battute sul fatto che lei non aveva colto i suoi tentativi di farglielo capire.
Infine, il libro di per sé si concentra particolarmente più su Nardo che su Sabina. A parte i primi capitoli interamente su di lei, Nardo diventa nuovamente la star principale e, dato che io lo trovo insopportabile, è facile immaginare che mi era difficile continuare. Ho notato, inoltre, che la serie si chiama “I casi di Nardo Baggio e Sabina Mondello”, nonostante lei ci viene presentata per prima, in entrambi i casi; quindi, non è solo una mia impressione, ma è il progetto dell'autore nel rendere Sabina Mondello una cellula che dipende interamente dalla figura di questo uomo fastidioso.
Pensavo sarebbe stato diverso, quando ho iniziato a leggere. Pensavo che Sabina sarebbe diventata una persona a sé, che esiste anche quando Nardo non è nei paraggi, perché la sua rappresentazione e introduzione era iniziata bene; poi, però, è scemata nel disastro più completo.
L'autore sembra aver trovato il cosiddetto progetto, che mi lamentavo non ci fosse, ma è superficiale e, per quanto sia un “finalmente”, venire a sapere di certi dettagli importanti solo nel sequel, che non riguardano il tempo passato tra il caso di Nardo e questo, ma caratteristiche sue personali, della sua persona, provoca emozioni contrastanti. Già il fatto che la mancanza di una caratterizzazione completa rende il personaggio meno autentico; ora, rischia solo di essere incoerente in alcuni punti e tutto quello che si aggiunge sembra buttato lì per.
Certi aspetti della vita di Sabina dovevano esserci nel primo libro, visto che è la protagonista principale. Adesso, è un continuo: “ma perché non mi hai detto tutto questo prima?”.
Il tema del trucco è stato ripreso. C'è molta più enfasi su di esso, e va bene, perché Sabina può avere delle ragioni personali per farlo (maccanismo di coping?) e sarebbe stato bello avere dei dettagli di più in merito a questa sua passione.
Non mi ricordo effettivamente se questo tratto sia stato presentato nel primo libro, ma ha difficoltà a ricordarsi i cognomi. È stranamente rilevante nella prima parte della storia e, poi, smette di esserlo.
Sabina risulta essere egocentrica in alcuni passaggi, come il fatto che pensava che il modo giusto in cui un ragazzino dovesse morire fosse vedendo il suo viso, di una donna in carriera che stava iniziando il suo lavoro in un nuovo luogo. Non so se l'idea fosse quella di creare un personaggio egocentrico, ma a me dà quell'impressione.
Avrei preferito, inoltre, che ci fossero molti più pensieri da parte di Sabina sul modo di comportarsi degli altri nei suoi confronti (per esempio, su come Olivieri sia un disgustoso pervertito nel capitolo 8), più che sul modo di atteggiarsi degli altri e della classificazione binaria che fa del “gay/non gay”, appena li incontra. Capirei se fosse single e cercasse partner, ma usa stereotipi e il loro orientamento sessuale non è rilevante.
La relazione con Fabio non mi ha fatto provare alcunché, se non dargli ragione per alcune cose, perché è Sabina a non amarlo, ma continua a stare con lui ed è contenta del fatto di avere un figlio da lui. Sembra non sopportarlo affatto, ma continua a dire che è una brava persona, fino a quando non litigano (perché lei lo tradisce) e dice che è contenta del fatto che lui soffre. Ho sperato che ci fossero più scene con lui, così che la separazione potesse essere sentita anche dal lettore, però non è successo e Sabina era nel torto fino all'ultimo litigio.
L'amicizia con Silvio Oliveri è stata solo un mezzo per mostrare che Sabina prova una sorta di complesso di superiorità (contagiata da Nardo), perché si viene a sapere, nella loro prima e vera interazione, che Sabina è “atterrita dalla pochezza dell'umano generico medio con cui si trovava troppo spesso in contatto”, e per parlare di Nardo. Però, almeno, Silvio ha capito chi è Nardo, senza nemmeno incontrarlo. Sabina lo descrive in modo completamente diverso da come ci è stato presentato. C'è sempre questo tentativo di redimerlo, dipingerlo come un angelo dannato ed è sempre implicito il fatto che si amino, ma “l'amore non esiste”, giusto? E lei si contraddice dicendo che non sia un supereroe, ma una pagina dopo dice che vuole ritornare dal suo supereroe.
Non c'è nulla di male nel creare personaggi che si battono per un'idea che non è reale, ma, in questo specifico contesto, non sembra essere stato fatto apposta, perché non è solo Sabina, ma è quello che l'autore vuole trasmettere al lettore, come deve vedere quel personaggio, ma non funziona.
Una cosa che non capisco è il fatto che si dica che Sabina abbia la soluzione/risposta a tutto, ma sembra, comunque, far fatica nell'adattarsi a situazioni diverse e risolvere delle problematiche. Molte chiacchere e nulla di concreto, e quando dico “molte chiacchere” intendo che le risposte che dà sono dei monologhi interi. Ti ci perdi facilmente e non è realistico. Non diciamo tutto quello che pensiamo, mentre Sabina era disposta a spiegare ogni suo singolo processo mentale, manco fosse un interrogatorio in cui doveva confessare come ha portato a fine un crimine. Certe cose possono essere benissimo intese dall'interlocutore, senza doverle dire, e, se pensi di aver fatto un buon lavoro nell'esprimere il pensiero di Nardo, appropriato, poi, da Sabina, non devi trattare il lettore come se fosse incapace di comprendere il testo o i messaggi impliciti.
Nel complesso, sia Sabina e Margherita vengono descritte come professioniste, estremamente abili, ma non lo dimostrano. Anche quando parlano del caso, si limitano a comunicare dichiarazione fatte da altri e non ragionamenti o ipotesi fatte da loro. Sempre su Sabina, ci viene detto in un paragrafo (pag. 291) che tratta un'urgenza con l'usuale calma e professionalità, che non è mai stata mostrata.
In linea di massima, il personaggio di Sabina, che aveva iniziato anche bene, è diventato fortemente antipatico, soprattutto dopo il ricongiungimento con Nardo, che l'ha resa un'ameba.
Se non ti piace Nardo o la loro storia “d'amore”, difficilmente qualsiasi cosa legata a lui/loro ti porterà a provare le emozioni che l'autore voleva intendere, perché, in teoria, dover arrestare la persona che più “ami” al mondo è triste e rincontrarlo deve essere una sorpresa, però la relazione che loro hanno non dà l'idea che siano anime gemelle. Però, stanno bene insieme, anche se non letteralmente insieme, perché sono entrambe persone orribili e le uniche a piacersi, visto che tutti gli altri sembrano trovarli insopportabili, come me.
Continuo, comunque, a non capire perché a Sabina piaccia qualcuno che la sminuisce e che non perde un secondo per chiamarla “scimmia”, appena lei si “arrabbia” perché Nardo ha scopato Margherita.
Non manca mai che Nardo venga idolatrato per qualità che non possiede oppure è lui stesso che si crede superiore. Il suo narcisismo è a livelli spropositati. Molte critiche che ho avuto su di lui nella prima recensione sono rimaste.
Tutto quello che dice mi dà ancora sui nervi: i suoi discorsi sulle scimmie sono sempre presenti, ma sono stati aggiunti i suoi commenti inappropriati sul legame tra essere donne e madri, sul fatto che essere donna, non avere figli e morire sia considerata una “vita doppiamente sprecata”, che le donne che non vogliono avere figli si stiano mentendo a loro stesse e che la maternità è un bisogno che non può essere soppresso (credenza che viene condivisa da molti personaggi, tra cui un medico).
Tutta la conversazione sulla maternità avuta con il medico mi ha messo fortemente a disagio. Mi viene spontaneo chiedermi come si sentirebbero gli uomini a essere dalla nostra parte e sentirsi dire che il valore della nostra vita dipende dal partorire, e non avere figli di per sé, perché non parlano mai della possibilità di adottare bambini, ma solo dell'idea che la donna deve essere gravida prima o poi, perché sennò non vale nulla. Questo argomento ha molte più sfumature di quante vengano presentate nel testo e non prende nemmeno in considerazione il fatto che molte donne sono vittime di abusi sessuali, il che è assurdo, considerato il ruolo da “salvatore di povere donne indifese” che ha avuto Nardo nel primo libro, che rendono le relazioni sessuali di per sé difficili da intrattenere, ma no, c'è un binarismo anche qui del “donna fa un bambino = buono/donna non fa un bambino = cattivo”.
Tra l'altro, la considerazione che Nardo ha di Dottor Longo, e dei personaggi maschili in generale, e il modo in cui tratta Sabina od ogni altra donna mi dà l'impressione che a lui non piacciano le donne, ma gli uomini. Tratta le interazioni con altri maschi come se fossero incontri mistici, in cui le loro anime si legano e intrecciano, si comprendono a livelli mai visti prima e c'è un appagamento generale, mentre il massimo che ho sentito su Sabina è dire che è brava, complimentarla un po' sul suo aspetto e basta. La loro “relazione” è più sessuale che sentimentale, anche se l'autore cerca di bilanciare i due aspetti.
Inoltre, molti discorsi fatti da Nardo sono filler. Capisco nel primo libro la presenza di essi, perché Sabina deve conoscerlo/capirlo, visto che era uno sospettato, anche se lei se l'è dimenticato per la maggior parte del libro, ma, in questo caso, che sono anche rivolti a Margherita, sono piuttosto inutili alla trama. Servono solo a mostrare che Nardo “sa”. Non importa effettivamente cosa, basta che si mostri che lui sappia qualcosa.
Margherita poteva essere un personaggio interessante, perché aveva delle caratteristiche interessanti, aveva una personalità, aveva la sua vita e non dipendeva interamente da un'altra persona, ma, poi, dall'incontro con Nardo, è diventata una Sabina 2.0, che non ha nessun altro motivo di esistere se non essere un altro mezzo per Nardo di sfoggiare la sua superiorità.
Come sempre, apprezzo l'inserimento di personaggi appartenenti alla LGBT+, ma avrei preferito che Berga fosse stato trattato allo stesso modo di Camilla. Accenna che sia gay e vai avanti. Se non è rilevante alla storia, non c'è bisogno di soffermarcisi sopra ogni singola volta che lui compare. Immagino che parte del mio fastidio del continuo riferimento alla sua sessualità sia anche dovuto al fatto che era sempre come causa o motivo del modo in cui si comportava e come si vestiva.
Berga poteva essere introdotto, magari, con Sabina che lo notava provarci con un collega maschio (e non lo stereotipo dell'effeminato = maschio gay), mostrando così che sia omosessuale (o, al massimo, bisessuale e tutte le sue sfaccettature, lasciando il lettore intendere quel che voleva), e, poi, si poteva parlare dei suoi vestiti, perché Sabina è interessata a tutto ciò che riguarda questo ambito. In questo modo, si ometteva la stereotipica correlazione.
La questione del presunto razzismo come movente degli omicidi, che è un tema ricorrente, e che è usato per negare l'esistenza di forme di razzismo presenti in Italia, nonostante nel libro stesso ci siano insulti e personaggi razzisti verso le persone nere o generale odio per i migranti, è stancante dopo un po', assieme alla continua menzione di politica e della negazione del fascismo ai giorni nostri, di come i giornali siano allarmisti e la generale critica della situazione giornalistica e sociale dell'Italia, che non è un'opinione di alcuni personaggi, ma viene mostrata come un dato di fatto.
Ero sul punto di dare due stelle, prendendo in considerazione che qualcun altro interessato ai Beatles avrebbe trovato il libro più piacevole, ma, visto che è la mia recensione, merita una stella.
Il modo di scrivere non è neanche male, ma il contenuto non è stato interessante, ho avuto troppe aspettative per quanto riguarda Sabina e i messaggi che cerca di trasmettere, per me, sono sbagliati.
Aggiungo questi “non” che ho trovato in alcuni punti, che mi hanno confusa, perché non ho capito se siano intenzionali o per sbaglio, ma sono gli unici due punti in cui ho riso perché non era quello che mi aspettavo:
Capitolo 5, pag. 22: “Scattò una decina di fotografie, utili a supportare l'annotazione che non avrebbe delegato al capo equipaggio della volante”.
Capitolo 15, pag 91: “Berga [...] aveva chiesto e non ottenuto il posto dell'ispettore Morellini”.