Un libro che può essere di grande aiuto per destreggiarsi oggi nei tumultuosa eventi politici globali in quanto in esso Arstitotele tenta di disegnare i tratti di una buona costituzione date le costituzioni già vigenti e i problemi reali che esse si trovano ad affrontare. Tiene cioè conto della realtà dei fatti per arrivare a una convivenza politica possibile e non solo ideale, come moltissimi altri autori hanno fatto, in primis Platone.
Si tratta di un insieme di parole molto particolari perchè esprimono i sentimenti e le emozioni di una persona che è consapevole che gli mancano pochi mesi di vita a causa di un cancro. Che poi questa persona sia un neurologo, un chimico, un professore, un inglese, un ebreo non praticante, non cambia nulla. PErchè come dicevano fin dall'antichità, di fronte alla morte ci si spoglia di tutot e rimane solo ciò che siamotere, le nostre emozioni, il nostro vissuto, le nostre paure e preoccupazioni, i nostri momenti felici e tristi, quelli divertenti e imbarazzanti, insomma rimane solo la vita che abbiamo vissuto fino a quel momento e caratterizza ciò che siamo. E così, parlando della morte che lo aspetta, parla di sè stesso. Il libro potrebbe sembrare triste perchè lui non crede a una vita dopo la morte eppure, nelle sue parole, trapira un senso di tranquillità, di gioia per ciò che ha avuto e non dalla vita. Insomma, un senso di GRATITUDINE.
una bellissima serie di pennellate che descrivono caratteri diversi e peculiari di una marmaglia di persone che si ritrovano su una nave in mezzo a un tifone. bello e -anche - divertente
p.s. riflettendoci su, credo che Conrad, con questo libro, voglia dirci che per affrontare le grandi difficoltà della vita (come un tifone) sia necessario a volte uno sguardo concentrato al presente (come quello del capitano) piuttosto che al passato e al futuro, che possono renderci deboli o impauriti.
Erano gli anni trenta del Novecento e un filosofo Argentino decideva di raccontare il fermento che agitava i fisici e gli astrofisici dell'epoca agli arbitri dell'esplorazione spaziale: c'è qualcun altro lì fuori simile a noi? o le forme di vita su altri pianeti sono completamente diverse dalla nostre incomunicabili? o non esistono affatto. Sono passati 80 anni, l'uomo è andato sulla Luna, navicelle spaziali hanno raggiunto i limiti estremi del sistema solare esplorando vari pianeti e lune e la domanda si fa ancora più incalzante: c'è qualcuno la fuori? E senza dimenticare che l'astrofisica lascia ancora a bocca aperta filosofi e fisici di tutto il mondo con nuove e strabilianti scoperte.
Un cantante rock francese che scrive un libro onirico. qualcosa di corto ma incredibilmente denso di riflessioni. sulla vita, sulla morte, sull'amore, sull'amicizia. riflessioni neanche tanto banali: essendo il libro pieno di metamorfosi ci si perde nel tentativo di capire cosa è reale e cosa no e ci si lascia trasportare in una piccola barca in un grandioso oceano pieno di emozioni, pensieri e riflessioni. personalmente, anche dopo aver letto altre recensioni, mi ha lasciato un peso sul cuore colmo di pensieri che lo fa scendere giù ma nella promessa che risalga pieno di speranza e di una nuova o quantomeno più coscenziosa, visione della vita.
Alla veneranda età di 27 anni scoprò con immenso piacere l'esistenza dell'isola dei roditori e dell'editore nonchè scrittore Geronimo Stilton che, tramite la voce della mia cara Chiarea, mi racconta le sue avventure nella città di Topazia e oltre.
Ben scritto, carino, simpatico e da leggere, sopratutto se avete voglia di tornare bambini per un po'.
Si tratta del solito Stine: inizio da paura...che però poi si scopre essere un falso allarme. seguono altri falsi allarmi mentre il lettore si chiede quando finalmente accadrà qualcosa di realmente pauroso...e finalmente accade. Ci si ritrova allora a vivere concitati momenti fino alla fine...tutto sembra finire bene e invece il lettore viene lasciato col fiato in gola di fronte alla prospettiva di una continuazione dei piccoli brividi...
Ebbene sì, è un genere letterario ben definito eppure in queste brevi regole l'autore riesce sempre a catturarti, anche molti anni dopo l'età ideale per leggere un piccolo brivido...sempre che tale età esista :)
se volete fare un viaggio con Goethe per ammirare le vedute classiche, i paesaggi e il popolo italiano della fine del settecento, questo è un buon libro. Non è molto dettagliato ma isipira comunque pensieri interessanti.
Come una piccola stella nel cielo del tempo, questo libricino risplende dagli ultimi anni dell'800 e i primi del 900 per raccontarci le impressioni dei tre avvicinamenti di Marte alla Terra a cui pote assistere Giovanni Schiapparelli (l'ultima a tre anni dalla sua morte). Marte si avvicina alla Terra ogni 15-17 anni e Schiapparelli scoprì quei canali che per tanto tempo accesero la fantasia di astronomi e letterati nella speranza di trovare vita in un pianeta così vicino. Leggere le impressioni dirette di Schiapparelli è interessante.
Il dialogo vuole mostrare come è necessario, per essere giusti e felici, curare sia il corpo che la mente (o l'anima come la chiama Platone) in maniera da raggiungere una situazione di armonia. E a questo proposito fa considerazioni interessanti.
Tuttavia, prima di arrivare a ciò, che è la parte conclusiva, tenta di dare una spiegazione mitica della nascita del mondo, dell'uomo e di tutte le cose esistenti. Non solo, cerca anche di spiegare il funzionamento del corpo umano. E qui...diciamo che si fa trascinare un po' troppo dalla sua fantasia. Ora, non è che uno voglia fargliene una colpa, considerato che a quel tempo non conoscevano neanche la differenza tra arterie e vene. Tuttavia, non vedo perchè occupare l'80% del dialogo con pensieri buttati a caso su come possa essere fatto il corpo nei minimi particolari.
A parte ciò, interessante.
Nota finale: compare qui per la prima volta il mito di Atlantide per cui ci si è chiesti se Platone ne è stato l'inventore.
Secondo Senofonte, Ippia sosteneva che la legge è sempre storica, in quanto è ciò che, di volta in volta, viene stabilito per legge dagli stessi cittadini, a seconda delle esigenze. Platone invece cerca di rintracciare un fondamento che determini la legge non per convenzione ma per natura: la legge è scienza in quanto scoperta di ciò che è. In quanto tale, la legge deve essere opera di chi sa, ossia il filosofo.
E' vero che, trattandosi di un romanzo di genere fantascientico ma anche poliziesco, la narrativa non è semplice. Come è descritto nella sinossi, in tal caso bisogna comunque rispettare alcune regole nella scrittura per evitare sconvolgimenti che minino le basi del genere giallo. In questo sicuramente Philipps è riuscito. Tuttavia, la base fantascientifica mi sembra pur sempre un po' debole nella sua struttura.
Il libro è sicuramente valido nei contenuti essendo scritto da un giornalista che si è occupato per tanto tempo delle esplorazioni spaziali. Da una panoramica interessante delle vicende che coinvolgono Marte, dalle prime osservazioni fino ai tentativi di esplorazione umana dei giorni nostri.
Tuttavia, ci sono varie pecche. In primo luogo mancano le citazioni e i riferimenti. Inoltre, il libro è strutturato in brevi capitoli (1-3 pagine) che a volte non mantengono il filo del discorso o riprendono informazioni già data con ripetizioni varie. Manca inoltre una componente che susciti passione per un argomento di questo tipo cosa a dir poco incredibile.
Il libro è pieno di idee e riflessioni interessanti, che danno spunto a conversazioni e ragionamenti proficui, tuttavia è poco strutturato. Sembra mancare un filo rosso tra i vari capitoli, per altro troppo brevi per convogliare in maniera efficace le idee ricavate dagli esperimenti scientifici condotti, che sembrano così quasi arbitrarie.
Come il libro sulla principessa anche questo su un cavaliere mostra le grandi capacità letterarie e pedagogiche della Powers. Con una semplice favola, l'autrice riesce a comunicare la lotta che ognuno di noi, spesso nella propria vita, si trova a dover combattere quando le certezze e i progetti che si hanno crollano improvvisamente e ci ritroviamo sperduti e incapaci di reagire. Il trucco per risollevarsi da questo stato sembra essere sintetico:
1) accettare con serenità le cose che non si possono cambiare
2) avere il coraggio per cambiare cio che si può
3) avere la saggezza per capire la differenza tra la prima e la seconda
Sintetico ma per nulla semplice. Tuttavia, seguire questi consigli sembra portare il protagonista a vivere la vita un giorno alla volta, apprezzando il momento presente e accettando le difficoltà come pietre sul sentiero che porta alla felicità.
Caruccio, insomma.
È possibile dare una definizione della coscienza? E non parliamo qui di una definizione filosofica ma addirittura scientifica: dei dati su cui poter lavorare; dei marcatori misurabili della coscienza. Secondo Dehane sì. Tuttavia, nella lettura di questo libro e tenendo presente il suo antecedente “Il pallino della matematica”, mi viene da pensare che o la coscienza e anche l'autocoscienza siano un refluso dell'evoluzione oppure che sia uno strumento nato dall'evoluzione il cui scopo sia quello di aiutarci a migliorare le nostre possibilità di sopravvivenza andando al di là delle capacità settoriali temporanee del nostro cervello. In entrambi i casi, l'autocoscienza è destinata a scomparire. Cerco di spiegarmi meglio. Grazie all'autocoscienza, la cui caratteristica più potente sembra essere il linguaggio ossia un mezzo per rappresentare i propri pensieri e ragionarci su, l'uomo è stato in grado di andare al di là delle capacità inconsce e delle risposte automatiche che fanno già gran parte del lavoro; basta pensare al battito cardiaco, alla respirazione, alla capacità di sommare piccole cifre, alla possibilità di imparare dall'esperienza etc. Ecco poi però che lì dove la chimica non è in grado (o non lo è ancora) di arrivare, interviene la coscienza, che secondo Dehane è il frutto di collegamenti a larga scala dei nostri neuroni, che ci permette di andare al di là dei limiti a cui sono preposte le varie parti del nostro cervello.
Ma allora se così è, non vedo quale sarà, dal punto di vista evolutivo, l'utilità della coscienza se il cervello sarà in grado di automatizzare sempre più processi..
Queste sono le conclusioni a cui arrivo seguendo la via indicata da Dehane e inoltrandomi poi da solo nella selva dei pensieri susseguenti.
Tuttavia, come qualcuno mi ha fatto notare, non è detto che Dehane abbia ragione e cioè che la coscienza sia scientificamente misurabile
Uno dei peggiori libri letti in vita mia. Viene da pensare che Kafka non sia morto di tubercolosi ma di noia nello scrivere questo romanzo. Sarebbe probabilmente stato molto meglio bruciarlo, secondo le intenzioni dell'autore, piuttosto che pubblicare quest'opera incompiuta senza senso. Tutte le varie interpretazioni teologiche, psicoanalitiche, capitalistiche saranno anche interessanti ma sinceramente mi sembra che stiamo andando un po' più in là - molto più in là - delle intenzioni dell'autore.
Bellissima la parte finale dove sei afferma che per l'uomo la cosa più difficile ma allo stesso tempo più bella è conoscere sé stessi ma che ciò non è possibile se non attraverso gli amici.
Un'opera straordinaria che vuol essere una guida per diventare virtuosi, per essere buoni amici, per essere felici...forse alcune cose non si troveranno condivisibili, pur tuttavia saranno uno spunto di riflessione eccezzionale per chi sente il bisogno di seguire una strada per conoscere sè stessi avendo il coraggio di essere onesti ossia riconoscere ciò che si è e ciò che non si è- o non si è ancora...
Uno dei più recenti libri di uno dei miei autori preferiti, che apprezzo fin dallla mia prima lettura di un suo libro, Il mondo di Sofia, quasi 20 anni fa. Sono sempre rimasto estasiato dai suoi libri, e dai bei pensieri e sensazioni che suscitano. Gaarder è uno dei motivi per cui ho tanto amato e approfondito la filosofia. Questo libro, scritto sottoforma di lettera rivolto ai suoi nipoti, mi sembra diverso dai precedenti. Ma forse è solo perché ora sono più vecchio di un tempo. È una lettera rivolta al futuro, e dona tanta speranza in un periodo come l'attuale, con le derive totalitarie viste in tanti paesi, i focolai di guerra, l'inasprirsi degli estremismi e l'isolamento dalla società provocato dall'uso errato di internet e degli smartphone. Dona una certa speranza nel futuro, spronando ciascuno di noi a darsi da fare per contribuire a cambiare le cose, evitando di pensare solo a noi stessi e cercando di costruire un futuro per coloro che verranno. Ho trovato interessante che, per spronare a questo messaggio, Gaarder fa due supposizioni con le quali non sono necessariamte d'accordo: che probabilmente Dio non esiste e che forse non incontreremo mai una specie aliena nell'universo. La prima supposizione sembra che sia necessaria per convincere le persone a non affidarsi alla speranza di una meravigliosa vita nell'aldilà, ma a rendere la vita al di qua la migliore possibile. La seconda supposizione sembra sottostare all'idea di Gaarder che noi siamo molto più speciali di qualsiasibalrro essere vivente, per il semplice fatto che siamo in grado di pensare e conoscere l'universo. Sono idee interessanti, forse non strettamente vere di prese ma, nel clima attuale, assolutamente necessarie da prendere in considerazione per evitare di distruggere noi stessi e il pianeta che ci ospita. E Gaarder chiama ognuno di noi a mobilitarsi per mantenere il presente di cui possiamo ancora giocare e a costruire un futuro migliore per i nostri discendenti. Senza scuotere le spalle dicendo che non tocca a noi, che siamo troppo piccoli per cambiare le cose o che non c'è più speranza. Per questi motivi leggere questo libro è stato per me un soffio di speranza.
Una lettura molto piacevole, grazie alla sua accuratezza storica, ai vari discorsi filosofici e alle continue avventure.
Il titolo sembrava promettere bene ma questo libro sembra non aver ricevuto alcun processo editoriale. Manca un'introduzione allo scopo e all'idea dell'opera. Al contrario, il testo inizia quasi in medias res parlando dell'assassino di Socrate e poi prosegue un po' a caso (scegliendo in maniere apparentemente casuale gli argomenti specifici di ogni filosofo) parlando di Platone, Socrate ed Epicuro. Inframmezzate ci sono anche riferimenti a Demostene e a vari altri politici ateniesi e romani. Ma il lettore è perduto fin dal secondo capitolo perché non è da subito chiaro lo scopo e il respiro del testo. Tutto diviene un po' più chiaro alla fine con la conclusione, in cui sembra che lo scopo fosse quello di dimostrare la persecuzione dei filosofi da parte di politici e cristiani. E la scelta degli argomenti dei capitoli precedenti si comprende nell'ambito di questo scopo.Ma l'argomento non è affatto convincente, essendo diluito e indebolito dall'evidente scelta specifica di testimonianze. Il lettore comprende la mancanza di critica di altre testimonianze e si sente un po' preso in giro da questo modo di scrivere.
Tutto ciò poteva tranquillamente evitarsi con un miglior processo editoriale.
Un testo interessante, che analizza i processi decisionali e comunicativi precendenti il disastro della diga del Vajont. Indispensabile non solo per comprendere meglio questa particolare vicenda, ma anche in altri contesti industriali e non per evitare i rischi associati a una grave mancanza di comunicazione e di gestione di risorse e conoscenze.