Plotino, Sulle virtù I 2 [19]

Plotino, Sulle virtù I 2 [19]

Il trattato 19 di Plotino, mai commentato sistematicamente prima d'ora, deve la sua fortuna alla dottrina dei gradi di virtù, che rappresenta il principale contributo del neoplatonismo al pensiero morale: prudenza, fortezza, temperanza e giustizia possono essere possedute e praticate a livelli diversi, da quello inferiore della vita civile a quello superiore della contemplazione filosofica. Con questa semplice ma geniale distinzione gerarchica, Plotino risolveva l'apparente contraddizione in Platone tra la prospettiva politica della *Repubblica* e quella ascetica del *Fedone*, e preparava uno schema destinato ad avere un enorme successo nell'etica tardo-antica e medievale. Ma dal suo punto di vista l'assimilazione al divino mediante le virtù era solo un caso particolare di un problema metafisico cruciale: il rapporto tra gli oggetti empirici e le Forme ideali. La riflessione sulle virtù si basa così, implicitamente, sui fondamenti stessi della riformulazione plotiniana del platonismo, memore delle aporie del *Parmenide* e delle obiezioni di Aristotele. L'Introduzione mette in evidenza le implicazioni filosofiche generali di quello che sinora è stato ritenuto solo un influente trattatello di morale, invitando a rileggerlo con occhi nuovi.


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