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Una mattina Gemma lascia a terra la sua vita ordinaria e sale su un aereo, trascinandosi dietro un figlio, Pietro, un ragazzo di sedici anni. Destinazione Sarajevo, città-confine tra Occidente e Oriente, ferita da un passato ancora vicino.
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Premetto che non sono riuscito a leggere più di 150 pagine di questo libro, ma di sicuro mi sono bastate per capire che questa scrittrice non fa per me.
Sarà che io prediligo uno stile di scrittura con periodi lunghi e ragionati, dove ti puoi fermare a rileggere una frase anche 2 o 3 volte per apprezzarne in pieno la bellezza, ma lo stile della Mazzantini proprio non mi va giù...E' così diretto, fatto di brevissime frasi, periodi smozzicati, metafore (ab)usate come fossero noccioline, che il libro scorre via senza che te ne accorga, senza lasciare veramente traccia, a meno di non lasciarsi coinvolgere dalla storia in sè, che peraltro mi è parsa interessante.
In più, probabilmente anche il fatto che sono un uomo mi rende difficile immergermi a fondo in un libro in cui tutto è raccontato attraverso un solo punto di vista, quello della protagonista, con le sue ansie, paure e angoscie che, forse proprio tramite il modo di scrivere dell'autrice, vengono trasmesse al lettore in modo a mio parere esasperato.