Per le raccolte di racconti Urania leggo i racconti in ordine sparso e li recensirò singolarmente.
Al momento ho letto:
- L'ultima risata (2.5/5) - Piuttosto blanda, sia in termini di originalità della trama sia nella progressione. Finale scontato, morale un po' troppo “da ragazzini”. Sarebbe interessante rileggere la storia una seconda volta con un punto di vista antropologico, sostituendo gli alieni venusiani alle popolazioni del cosiddetto terzo mondo, che come umanità abbiamo soggiogato, sterminato, derubato; proprio come i protagonisti hanno intenzione di fare con gli abitanti di Marte. Prendersi le loro risorse con le buone o con le cattive, proprio come facevano i nostri antenati. Credo però che l'intento di Sturgeon fosse banalmente raccontare di una storia “morale” con tema lo scherno verso il prossimo. La target audience qui si palesa come molto più giovane di me, forse per questo non mi ha soddisfatto appieno. Però il racconto è breve e scritto bene, come gli altri.
- Il giocattolo di Mewhu (2/5) - Idea e trama quasi inesistente, intreccio fin troppo lineare. Abbastanza statico. Finale iper-prevedibile. Racconto figlio certamente del suo tempo, ma sapendo che Sturgeon ha prodotto storie ben più sostanziose questa non regge il confronto. Tuttavia mi sento di assegnare un punto in più per l'ironia e la capacità tecnica di scrittura dell'autore, che tutto sommato fanno scorrere via il tutto piuttosto agevolmente.
- Il tuono e le rose (NC) - Abbandonato per ora, non mi ha coinvolto: narrazione lenta e prima metà confusa. Forse ci ritornerò più avanti, perché tutti sembrano concordare nelle altre recensioni che questo sia uno dei migliori della raccolta...
- Chi? (4/5) - Racconto veramente bello. Idea tutto sommato originale o al limite originale nello sviluppo della vicenda. Il finale voleva essere ad effetto, ancora una volta, ma si dimostra molto prevedibile, tuttavia è si esaurisce con cautela e non lascia il lettore in sospeso (lo trovo un punto a favore). Decisamente interessante la prosa tutta in seconda persona: questo forse l'elemento che mi ha tenuto più incollato al testo. Altrettanto interessante la maniera in cui viene messa al centro della narrazione la figura inanimata della paratia che funge in un certo senso da rielaborazione del Mito della Caverna di Platone.
Letto d'un fiato, corto ma incisivo.
Aggiornerò man mano.
LETTE 3 DI 9
ABBANDONATI 1 DI 9
Sono arrivato quasi alla fine, provando e provando in ogni modo a cercare una ragione per continuare per finirlo. Poi mi sono reso conto che la mia vita e troppo corta e ho troppi libri da leggere per perdere tempo con la mediocrità più assoluta.
Che la parola fantacongresso non vi tragga in inganno come ha fatto con me: non si tratta di un congresso spaziale o similari, è invece un neologismo per indicare una “convention” di quelle che negli States abbondano. Non vi tragga, similmente, in inganno il fatto che questo romanzetto da due lire sia stato pubblicato da Urania -e poi tutti lo sappiamo, Urania non era proprio sintomo di qualità in tutte le sue uscite, anzi altalenava e altalena parecchio da un albo all'altro-, questo NON è un romanzo di fantascienza. Si tratta invece di un blando tentativo di mescolare supereroi e investigazione da police procedural, quindi un giallo (giallo sbiadito) in un contesto con mantelli e nomi altisonanti.
Scritto male, tradotto male, sviluppato male. Interesse da parte mia nullo. 2 stelle risicate.
Ok, questo è probabilmente uno dei libri più strani in circolazione. Non perché sia indecifrabile come il Voynich Manuscript, né perché sia particolarmente meta-letterario o post-moderno, tantomeno è particolarmente sperimentale in sé. Ma, già a partire dalla copertina iniziano le domande. La prima: perché non c'è un riassunto, uno straccio di trama, o una presentazione dell'autore? Non c'è. Se uno non sa ESATTAMENTE il contenuto di questo libro...beh semplicemente rimane nell'oblio.
Poi inizi a leggere e la prima il primo periodo è pressappoco “corse via perché lo volevano inculare”. Fino a qui, direte voi, niente di poi così strano. Ma leggi la pagina e non c'è punteggiatura, neanche per i dialoghi. Continui e più lo fai più tu ricorda una strana fusione del metodo di Keruac misto a Bukowski. Ah! Aspetta, è scritto in terza persona. Cioè a leggerlo sembra Sulla Strada, ma è in terza persona, interessante. Realizzi che è in spagnolo. Spagnolo di dove, il mondo hispano-hablante è vasto...Colombia. Stile beat in Colombia? Sarà mica uno di quei nadaisti? Sì. Ok ma fino a qui Alessandro non mi hai detto niente di così pazzesco, ancora.
Ok e se ti dicessi che questo libro è una biografia modello beat che fluttua tra prima e terza persona liberamente, e che questa biografia è completamente falsa dalla prima all'ultima parola visto che nessuno dei personaggi è reale e nemmeno nessuno degli avvenimenti?
Fondamentalmente si tratta di una biografia leader del movimento sperimentale Nadaista, Gonzalo Arango, scritta da uno dei membri, Elmo Valencia, ma la biografia non è del movimento che conosciamo noi ma di uno parallelo, in un altra dimensione. Quindi, aspé, abbiamo: mockumentary beat alla colombiana contro l'ordine costituito con un protagonista “Bukowskiano” che mistifica il movimento stesso che lo ha prodotto.
Poi, così, ad un certo punto c'è un cane che parla. E poi il protagonista allunga il braccio e tocca le stelle. Ok. Si. E poi l'autore inizia a fare i jump cut. Per chi ignori il significato di questo termine da montatore cinametografico: si tratta di quando si fanno combaciare due immagini per spostare l'azione con un salto pindarico. Si si, l'osso di 2001. Quindi, il racconto inizia a saltare di qua e di là a distanza di poche frasi per introdurre l'altro protagonista, l'autore.
E per le prime 50 pagine queste sono solo le stranezze più “normali”
Bene bene bene, allora perché due stelle. Perché dopo le prime 50 pagine tutte queste idee svaniscono. Evaporano. Si disperdono. I nostri protagonisti finalmente si incontrano e iniziano a parlare di poesia e di quanto sia bella la poesia e della vita che è poesia. E il tutto assume, praticamente immediatamente, un tono saccente e auto-compiaciuto; insopportabile.
L'azione si blocca, questi non fanno altro che bersi caffé al bar e fare gli Oscar Wilde di turno della serie “Ha qualcosa da dichiarare?” “Solo il mio genio!” robe del genere.
Peccato, perché l'inizio era da 5 su 5.
Non sono riuscito a finirlo, che è un peccato perché cercando bene bene ho scoperto che verso la fine il tutto prende una piega ancora più surrealista/esistenzialista con i nostri che scappano dalla civilizzazione e vanno ad eremitare su un isola tropicale. Però la vita è breve e io ho una libreria piena di cose che devo ancora leggere.
Troppo vanesio: due stelle.
La letteratura colombiana ha sapori, odori, immagini che, almeno al sottoscritto, appaiono più potenti rispetto alle stesse presenti nella letteratura di ogni altro paese al mondo. È un fenomeno strano, a pensarci bene: sarà sicuramente il fatto che io la vivo tutti i giorni, la Colombia, con l'esperienza giornaliera della ricerca dell'essenza di questo paese, nel tentativo di capirne tutti i segreti nascosti; sarà l'incanto dei paesaggi stessi; sarà la capacità degli scrittori di qui di scegliere le parole giuste...
Sarà quel che sarà ma se oltre alla cocaina la Colombia è famosa per la letteratura quanto meno significa che devono essere altrettanto capaci a farla.
Questa raccolta di Mutis è un pourpurri delle sue poesie migliori e, seppure il livello sia altalenante, dove brilla lo fa davvero.
Non so neanche da dove partire a descriverlo lo stile di Mutis, quindi butterò aggettivi a caso senza pensarci troppo: astratto, metafisico, panistico/naturalistico, a tratti anacronistico, preciso, olistico, pessimistico, epico (costanti riferimenti a battaglie e guerre) e simbolista. A tratti veramente un Montale colombiano, si appropria dello strumento del Correlativo Oggettivo e lo ripropone con brillante savouir faire.
Tutto esiste fuori dal tempo e dentro ad un constante stato di superposizione: l'ussaro che vive nel mondo contemporaneo, la giovinezza che è raccontata come se accaduta sia tantissimo tempo fa che proprio ora, le grandi battaglie che sono sempre nel passato talmente remoto da divenire leggendario.
E poi ci sono le immagini, corredate di sapori e odori, che ho elogiato all'inizio: c'è il profumo del caffè, la pioggia dei parami, l'odore della giungla.
A queste immagini nazionali Mutis associa una sorta di global village immaginario, spostando se stesso in altri paesi e nazionalizzando i personaggi esteri. E allora la Colombia diventa tutto il mondo e tutto il mondo diventa la Colombia. Mi ricorda quell'intervista di Giovanni Lindo Ferretti quando disse “per noi il centro del mondo era il medioriente e Reggio”, o qualcosa di molto simile. Ecco per Mutis il centro del mondo è la sua regione e tutto il resto del mondo. Le due cose di compenetrano a tal punto che non si riesce più a distinguere una dall'altra.
Che altro dire?
Ho detto abbastanza.
Ogni tanto leggo alcune di queste poesie a mia moglie.
9/10
Per le raccolte di racconti Urania leggo i racconti in ordine sparso e li recensirò singolarmente.
Al momento ho letto:
- Piccolo grande dio (3/5) - L'idea c'è, è quella che molti anni dopo avrebbe ispirato anche un frammento di un episodio di Treehouse of Horros dei Simpson, ma lo svolgimento della storia è confuso e non molto interessante. Peccato perché con un incipit simile (uno scienziato che da vita ad un popolo di piccoli esseri, che si evolvono molto rapidamente) le possibilità erano molteplici. Come molti altri racconti di Sturgeon anche questo non porta da nessuna parte. Manca tensione perché manca un reale conflitto coinvolgente. Sufficiente.
LETTE 1 DI 8
Quanta retorica White Supremacist ! Pesante, pesante, pesante. Superficiale, superficiale, superficiale. Come questa recensione. Non se ne merita una migliore la narrativa razzista.
Lucarelli ha scritto decisamente di meglio, anzi ha scritto solo di meglio. Dimenticabile e dimenticato.
Berlusconi ha pochi capelli ma in compenso ha...: Le scritte sulle schede elettorali nulle
Tenere in libreria e aprire tatticamente qualche giorno prima delle elezioni per ottenere il seguente effetto:
1-aumentare la convinzione che il voto è un diritto molto importante
2-ricordarsi che tutti i politici sono porci quindi meglio inserire una fetta di Mortadella nella scheda.
Lo allegherei a qualche tomo di Bakunin.
Ricerca accuratissima, forse pure troppo. Almeno 1/3 se non la metà di questo libro poteva essere condensata per facilitarne la lettura. Altamente interessante l'argomento, ma estremamente soporifera la realizzazione. Però il professore si merita 5 stelle per la ricerca
L'autore fa luce su un argomento molto dibattuto e lo fa andando a riportare con chiarezza e lucidità le date, gli eventi e i personaggi che hanno ruotato intorno al Uomo Qualunque (aka G.Giannini).
Il libro non è molto di parte; ben inteso, lo scrittore sembra sostenere più la sinistra che la destra liberale, ma è comunque ben più moderato di molti altri che hanno parlato di Giannini e del populismo storico. Il quadro che ne emerge è verosimilmente più fedele alla realtà della politica italiana, dove i buoni e i cattivi sono difficilmente catalogabili come tali e dove tutti hanno idee caoticamente opposte.
Ho apprezzato in particolar modo la decisione di riportare articoli degli altri protagonisti politici del tempo per avere una visione di cosa si pensava dell'Uomo Qualunque ai tempi della vicenda.
Ampio spazio è dato anche alla vicenda dell'intesa di Giannini con Togliatti.
Nonostante l'età è un libro molto attuale, che sul finale si chiede cosa l'esperienza di questo movimento così sgangherato e dimenticato ci abbia insegnato.
Quante ripetizioni e quanta fuffa inutile. Il prof ha scritto molto di meglio e anche su questo argomento si trova decisamente di meglio da altri autori. Due stelle e mezzo.
Abbiamo capito, Vladimir: quei social-democratici non ti stan simpatici. I sindacati così così. Per prepararci sta rivoluzione invece hai niente da dirci di utile? Ah, no? Pazienza.
Leggo le recensioni qui sotto e penso:
“Inglesi, gente che andava nuda a caccia di marmotte quando noi già s'accoltellava un Giulio Cesare”
(Guzzanti)
Di futurismo vero qui troverete solo l'ombra. Il futurismo, quello del culto della velocità, della compenetrazione dell'ambiente e chi vi si muove in esso, del paroliberismo, del disprezzo della donna e ogni romantico ideale, dell'affermazione della superiorità della macchina sull'uomo, e via così, è molto distante dall'idea di Volt. Certo, c'è la guerra e l'imperialismo, Volt chiama un personaggio “Marinette” e si autodefinisce futurista, ma la realtà è che questo è un romanzo per metà cattolicissimo pro-curia e per metà fascista, come l'autore. Insulso e poco interessante ciò che accade. Sarà pure perché a me il conservatorismo fa ribrezzo e qui ce n'è a palate. Proprio futurista! Fin dove sono arrivato prima di abbandonarlo si può riassumere in: “che bello il papa che brutti i comunisti che sono ufficialmente alleati con la massoneria. Al protagonista piace la figa.” Reazionario, per niente rivoluzionario. Perfetto per essere inserito nelle accademie e da bruciare con esse.
Una stellina in più perché è scritto molto bene, ben scorrevole, altrimenti si sarebbe meritato una stella.
Il libro contiene un sacco di materiale non presente nel celebre “La Cucina Futurista”, a parte il manifesto che è ripetuto in entrambi. Il contenuto è tutto molto interessante, disposto in ordine temporale di pubblicazione. Un lavoro realizzato molto bene, da accompagnare al sopra citato libro di Marinetti e Fillìa.
I piatti proposti sono surreali, avanguardistici, “antineutrali” e “violentissimi”.
Consigliato a tutti
Molti documenti visivi, ben presentati, del miglior pubblicitario che abbiamo mai avuto in Europa. Alcuni dei lavori di Depero per Campari riportati qui non sono disponibili altrove, molti sì, ma è bello vederli infilati tutti insieme in un unico volume tematico.
Questo piccolo volume contiene molte poesie futuriste e qualcuna che di futurista ha poco. Tra le prime ci sono notevoli perle, soprattutto quelle dei “futuristi minori”, spesso dimenticati dalla storia. Ci sono anche grandi ciofeche, ma le perle valgono molto.
Fantasia zero: a tutto viene attribuito il nome dal compito che svolgono nella storia come “L'Organizzazione”, “Il Sistema” eccetera.
Pieno di razzismo e rancore.
Banale tentativo di sotto trama romantica che così scontata manco i film per ragazzine.
Un pieno e completo fallimento.
E poi NOIOSO NOIOSO NOIOSO, al punto che mi sono chiesto diverse volte durante la lettura se lo pseudonimo nascondesse un ragazzino di 13 anni “ribellino”. E invece no, questo letame è opera di un adulto.
Quasi peggio del Mein Kampf, ma ad essere onesti il livello è più o meno lo stesso come d'altronde per i confusi contenuti.
Per le raccolte di racconti Urania leggo i racconti in ordine sparso e li recensirò singolarmente.
Al momento ho letto:
- Quarto Reich (3/5) - Tentativo, tutto sommato abbastanza riuscito, di fantascienza ucronica dalle forti tinte horror. Finale superprevedibile, altrimenti sarebbero state 4 stelle. Scritto mediamente bene e godevolmente corto. Avrei apprezzato un po più di Messico, dove si svolge la storia, che avrebbe fatto da bel contrappunto ai suoi protagonisti tedeschi.
LETTE 1 DI 6
Intrighi di potere e una poveretta al centro, forse pazza o forse no. Non un romanzo ma un libro di storia avvincente come un opera di fantasia. Un piccolo frammento di storia da approfondire e consigliare.
Linguaggio un poco datato tuttavia non pesante. Si legge in un pomeriggio o due: un motivo in più per non perderlo.
Lette una decina di pagine e abbandonato: degno successore di Evola, con questo dico tutto.
A malincuore non assegno a questo breve libro il massimo dei voti.
Per le prime 50 pagine se le merita, perché l'autore riesce ad essere preciso e incisivo ma soprattutto libero da preconcetti: si mettono in luce le affinità e divergenze del futurismo con il fascismo ma anche con l'anarco-sindacalismo, il bolscevismo, i partiti nazionalisti. Il tutto seguendo la strabiliante parabola che ha portato Marinetti da antipassatista ad accademico d'Italia; tradendo i suoi ideali ma probabilmente salvando il futurismo dall'essere categozzato “arte degenerata”, come in Germania Nazista. Una volta concluso il capitolo si passa ad una decina di pagine sul futurismo meridionale che ho trovato completamente inutili perché composte quasi totalmente da sfilze di nomi e di poco legame con il tema politico. Segue una lunga analisi del percorso fascista di Sironi. Qui la scrittura di Perfetti diventa molto pesante perché, al contrario del primo capitolo, egli si dilunga ed esce più volte fuori tema. Si ha l'impressione che il focus si sia perso dopo pagina cinquanta e che questo terzo capitolo parli più di fascismo che di futurismo.
Posto ciò e anche alla luce anche di tutti questi difetti, ho apprezzato comunque molto di più questa agevole lettura che il libro sul medesimo argomento di Emilio Gentile (per quanto questa affermazione possa sembrare un eresia). È più imparziale, meno ripetitivo, offre spunti più interessanti.
Se lo trovate a poco non fatevelo sfuggire.
Letto subito prima di quello, molto simile, di Eric Co', questo però è più disorganizzato quindi meno divertente.